A uno come
Hoest non puoi chiedere innovazione, perché ti guarderebbe con indifferenza; i suoi
Taake sono la quintessenza del suono norvegese applicato alla nera fiamma.
Eccolo ora arrivare all’ottavo album, quarto sigillo sotto
Dark Essence Records, ovvero qui si gioca in casa e soprattutto con un ritorno di soli quattro pezzi ma di tanta sostanza.
Basta ascoltare l’apertura “
Denne forblaaste ruin av en bro” caratterizzato da una cavalcata melodica iniziale con un bel solo melodico intervallato da una parte più lenta ed opprimente nerissima salvo accellerare con uno screaming iroso e blast beats come contorno.
Il terzo segmento inizia volentemente con riff zanzarosi e tempi spediti; questo è puro black metal norvegese dove l’ossessività del tutto diviene un buco nero che inghiotte la luce.
Al suo interno si sente anche una parte più ragionata in mid tempo ma sempre maligna.
La quarta ed ultima traccia anche questa prende il largo in maniera veloce con inserti melodici su un tappeto ritmico nel più classico dei “tupa tupa” con chitarre che diventano più grevi e le urla del nostro che declamano dolorosamente.
Ma non è tutto, qui c’è anche un pezzo cadenzato con una chitarra che dipinge una melodia maligna ossessiva, poi il tutto diventa più lento con il tremolo utilizzato a dovere e melodie umbratili nel mezzo.
Qui tutto è freddo, inospitale e malsano, la sofferenza è palpabile a livello emotivo, l’attesa è stata ampiamente ripagata.
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