Quando uscì l’avvincente “
Thing's you've never done before” (1988) era abbastanza facile pronosticare per i
Roxx Gang un’affermazione “planetaria”, dacché il gruppo di Tampa aveva tutte le caratteristiche “giuste” per raggiungere il suddetto risultato:
look, carisma, attitudine, testi espliciti e la voce perversa di
Kevin Steele apparivano davvero adeguati a seguire le orme di Guns n’ Roses, Kix, Poison e Mötley Crüe nell’infame e irresistibile mondo dello
sleazy-rock metallizzato.
Il successo, supportato dalla Virgin Records e dalla prestigiosa produzione di Beau Hill (Ratt, Winger, Warrant, …) arrivò, ma durò troppo poco, tanto che bisognò attendere la metà degli anni novanta per sentire nuovamente parlare dei floridiani, in un periodo storico in cui gli interessi del
business discografico e, di riflesso, del pubblico, si erano spostati su sonorità ben meno lascive e tutt’altro che indirizzate al puro divertimento.
“
The voodoo you love” viene pubblicato in origine nel 1995 e mentre molti dei protagonisti della scena
glam-metal cambiavano il guardaroba e adattavano il loro
sound alle rinnovate esigenze,
Steele e i suoi nuovi sodali (anche se a quanto pare molte delle canzoni sono state registrate dalla
line-up dell’
album precedente) continuano a credere nelle potenzialità ludiche del
rock n’ roll, avvicinandosi in parte ancora di più alle sue peculiarità “tradizionali”, acuendo le influenze
blues ben presenti fin dai primi vagiti artistici della formazione americana.
Prodotto con la collaborazione di
Carl Canedy (The Rods, Anthrax, … che aveva già sostenuto i
Roxx Gang nel
demo “
Love' em and leave' em”, propedeutico al debutto ufficiale) e
mixato da
Jon Mathias (
Dickie Betts,
Ian Hunter, Manowar), “
The voodoo you love” viene ristampato in questo 2023 dalla
Perris Records (la stessa etichetta che lo pubblicò in origine) e ci consegna tredici (compresa la
bonus-track “
Magic carpet ride”,
out-take tratta delle sessioni del disco) godibili frammenti di
sleaze R n’ R’, che amplia il parco di potenziali estimatori, arricchendo l’elenco citato all’inizio della disamina pure di Electric Angels, Rock City Angels e The Quireboys.
Un concentrato di musica adescante e ricreativa, che parte con il
sax irriverente (un po’ alla Hanoi Rocks) e il ritmo incalzante di “
Daddys’ farm” e prosegue con la melodia avvolgente e “alcolica” di “
Stone dead drunk (again)”, per poi “sfidare” i colossi Guns n’ Roses (e anche un po’ gli Alice in Chains, invero) nell’oscura “
Time bomb”.
Un lampo di mestizia prima che le striscianti “
Hot for love” e “
Hot ‘lanta” avvolgano di polveroso
feeling blues la raccolta e "
Can’t catch me” torni a graffiare i sensi degli appassionati del genere, verosimilmente sedotti anche dalla
rollistica “
What you see” e dall’arrogante "
Be your man”.
Buone notizie per gli
sleaze-rockers arrivano pure dalla melodia “trasandata” e mordace di "
Shame on me”, e dal contagioso
refrain di “
Meanwhile back at the ranch”, laddove appena meno efficaci si rivelano la solo discreta “
Thick as thieves” e una “
Silver train” in cui i nostri tentano, con risultati contraddittori, la carta della
ballatona esistenziale.
La scorbutica appendice “
Magic carpet ride” non aggiunge molto al valore di un buon disco, che consente la riscoperta dei
Roxx Gang, una
band che, parafrasando i proclami dei promettenti esordi, in realtà
non faceva cose mai fatte fino ad allora, ma le sapeva fare piuttosto bene.