Dopo tre anni e con un cambio di formazione con un nuovo batterista ecco che ritornano gli
Uada.
Mi ero occupato di loro al tempo del terzo full “Djiin” che aveva fatto storcere il naso non a pochi puristi della nera fiamma.
Non senza ragione, perché lo stile che suonano i tre statunitensi a mio modesto parere è un heavy metal estremizzato; se uno volesse ascoltare black metal dovrebbe rivolgersi all’ulteriore band di
Jake Superchi, ovvero i
Ceremonial Castings.
Non che il nuovo album sia brutto, ma qui sono tanti gli spunti derivanti dal metal più classico ipervitaminizzati sotto una luce più estrema come nell’apertura “
The abyss gazing back” dai blast beats decisi e con tanta melodia.
Per farsi un’idea di cosa propongano gli americani basta ascoltare la titletrack, ha uno stacco centrale che è puro heavy e dei riff che rimandano alla scuola britannica del genere.
Certo qui la materia è irrobustita di tutto punto con screaming, growl e uso frequente del tremolo, perché i nostri sono abili nel plasmare la materia e sono dotati di tecnica.
“
Retraversing the void” è un bell’up tempo con una bella linea di chitarra con esplosioni improvvise di blast beats; bella la parte centrale con un bell’assolo e richiami epicheggianti e maideniani.
Morale della favola, un bel ritorno se lo mettiamo nella branca estrema del metal classico, ma per favore non chiamatelo black metal.
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