Biglietto Per L'inferno, Goblin, Jacula, Black Hole, Run After To e
Paul Chain tra i dichiarati (nella scheda promozionale dell’albo) numi tutelari degli
Hands of Orlac e giudizi ampiamente positivi sulle loro precedenti produzioni discografiche sono aspetti non possono proprio più essere trascurati da questo “maturo” appassionato del
dark sound italico, ed ecco che l’accaparramento della disamina di “
Hebetudo mentis” diventa una priorità, oltre una “necessità”
musicofila.
Un’urgenza che si appaga attraverso i solchi di un albo in cui il misto tra
doom,
metal e
prog espresso dai nostri porta effettivamente a godere di quel delizioso brivido di sgomento ed inquietudine che, proprio come accade nelle migliori opere dei suddetti modelli, irrompe trionfante nei sensi dell’ascoltatore appassionato, rilevando al contempo il carattere di un gruppo che non si limita ad una sterile riproduzione di temi e suggestioni note.
Una narrativa, insomma, che non si circonda di cupe e stereotipate
cianfrusaglie gotiche, replicando con superficialità luoghi, situazioni e atteggiamenti lugubri e morbosi, ma “scava” più nel profondo anche tramite una ricerca sonora variegata e nervosa, atta a rivelare le tante diverse sfumature del “nero”.
Appare perciò chiaro che “
Hebetudo mentis” ha un andamento non particolarmente “lineare” e che per questo, nonostante la presenza di
The Sorceress alla gestione del microfono, difficilmente potrà essere assimilato con leggerezza alla categoria stilistica “
doom-dark con voce femminile”, intesa come quel diffuso
trend che ha investito (con risultati anche piuttosto soddisfacenti, invero) la scena musicale contemporanea.
Un’esperienza d’ascolto che per essere vissuta al meglio dovrebbe implicare l’intento di superare le “limitatezze della mente”, svincolandosi, cioè, dal predominio della “ragione” e della concretezza, lasciando libere le sinapsi e le emozioni di vagare libere tra questi scenari ondivaghi, governati dall’immaginazione, dall’irrazionale e dal mistero.
Poi, ovviamente, in maniera più prosaica, diciamo che nel disco c’è “anche” tanta buona musica, che si dipana con tensione, lirismo e magnetismo tramite chitarre fatali e smaniose, ritmiche pulsanti, plumbee ed ellittiche, raccordate da un canto suggestivo e malioso, capace di fungere da efficace collante emotivo e sublimare melodie evocative, sospese tra angoscia e meraviglia.
Difficile, in tale contesto, isolare momenti specifici, e tuttavia ritengo “
Frostbite” uno dei brani più significativi della raccolta, così come, da irriducibile sostenitore della
Lingua di Dante applicata a certe sonorità non posso esimermi dal segnalare agli
italianofili “
Il velo insanguinato”, una nenia livida e sulfurea di notevole suggestione.
Ai frequentatori delle tenebre che amano perdersi in dedali sonori sinistramente fascinosi raccomando quindi l’immediato contatto con “
Hebetudo mentis”, mentre agli
Hands of Orlac, dopo i doverosi complimenti, suggerisco solo di non “accontentarsi” e di cercare ulteriori sbocchi creativi da incorporare nell’ispirazione sofisticata e consapevole che già li distingue da quelle esibizioni puerili e verbose che abbastanza spesso caratterizzano il settore.