Deus le volt!
Finalmente gli
Angra ce l’hanno fatta!
Il nuovo
Cycles Of Pain, uscito per la
Atomic Fire Records, rappresenta quel disco che, per sentimento, ispirazione, eleganza ed efficacia, mancava dai tempi di
Temple Of Shadows!
Sostanza, intensità emotiva e melodia si fondono armonicamente tra loro, dando vita a un album totalmente convincente e "100%
Angra”; ammesso abbia ancora senso oggi, adottare questo monicker, visto che ormai, l’unico membro storico rimasto è
Rafael Bittencourt.
Ma d’altronde, come mi ha suggerito malignamente (o saggiamente?) qualche collega più esperto di me in redazione: il “marchio” evoca ricordi e genera emozioni; ergo, è il “marchio” a vendere!
Ora, tralasciando l’immancabile vena polemica, figlia solo dell’amore che ho sempre provato e che, nonostante tutto, provo tuttora per la band, passiamo all’analisi dettagliata, e il più oggettiva possibile, di
Cycles Of Pain.
In questo lavoro, la line-up degli
Angra versione “3.0” o “4.0 “ (o forse, sarebbe meglio dire, “MILLE.0”), riesce finalmente a essere sé stessa, mettendo a nudo la propria anima e scrollandosi di dosso i paragoni con un passato glorioso ma, altresì ingombrante, la cui impronta, è comunque sempre palpabile.
Cycles Of Pain ha infatti il grande merito di reinterpretare le tipiche sonorità tradizionali della band, in maniera da valorizzare al meglio le caratteristiche degli attuali membri, amalgamandole con qualche componente innovativo.
I richiami ai momenti più significativi dell’ “Era Falaschi”, riconducibili quindi ad album come
Rebirth o al già citato
Temple Of Shadows, si palesano attraverso composizioni di matrice prog-power, quindi abbastanza energiche, eppure sempre eleganti, caratterizzate da atmosfere evocative, come la opener
Ride Into The Storm, l’avvincente
Dead Man On Display, l’onirica
Here In The Now oppure ancora, l’agguerrita
Generation Warriors.
Colpiscono poi, alcuni aspetti abbastanza originali nella concezione musicale della band, come la dimensione spigolosa e cinematografica della tecnicissima
Gods Of The World che, per caratteristiche, inizialmente sembra un pezzo scritto da
Michael Romeo ma, ben presto, diventa un brano “griffato
Angra” a tutti gli effetti. A tanta aggressività, fanno da contraltare le intense aperture melodiche della title-track, in cui
Fabio Lione, autore di una prova maiuscola, sembra ripescare dal suo passato più progressivo, tra
Athena e
Vision Divine. Anche
Tide Of Changes, suddivisa in due capitoli, è una traccia piena di trasporto emotivo, in cui spicca un refrain astuto, che rimane ben impresso nelle orecchie dell’ascoltatore, mentre
Vida Seca e
Faithless Sanctuary, per musicalità e struttura, possono essere considerate una sorta di piacevole digressione agli indimenticabili anni di
Holy Land, con l’intera band impegnata a ricreare quelle gloriose atmosfere ma, meno spensierate e riadattate in un’ottica moderna, con esito sorprendentemente positivo. Chiude infine il sipario, la teatrale
Tears Of Blood, con le sue velleità operistiche, che vede la partecipazione, in veste di special guest, dell’inconfondibile Amanda Sommerville.
Impeccabile la prestazione di tutti i musicisti, con un
Fabio Lione sugli scudi e ormai completamente a proprio agio nelle vesti di vocalist della leggendaria band brasiliana,
Rafael Bittencourt e
Marcelo Barbosa, con le loro chitarre, tessono trame pungenti, ma sempre raffinate; magistrale poi, la prova della sezione ritmica, affidata alla tecnica di
Felipe Andreoli al basso e all'energia di
Bruno Valverde alla batteria.
L’incoraggiante sensazione finale è che gli
Angra, dopo aver vissuto un ventennio di (pochi) alti e (tanti, troppi) bassi, abbiano finalmente ritrovato il proprio spirito originario, ma anche nuova linfa vitale, a livello di song-writing, riuscendo a limare tutte quelle imperfezioni che erano emerse nei dischi precedenti, pieni di spunti interessanti, ma troppo disomogenei e incostanti.
Cycles Of Pain invece è un album compatto, emozionante e convincente, forse un pò lungo, ma di classe indiscussa e di assoluto spessore qualitativo.
Bentornati “
Angra”!