Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2023
Durata:46 min.
Etichetta:Century Media Records

Tracklist

  1. SCAVENGER
  2. COLD
  3. SNOB
  4. FIRE EYES
  5. RATS
  6. TO WHOM IT MAY CONCERN
  7. GERNIKA
  8. I AM HATRED
  9. WHAT KILLS US ALL
  10. VULTURES AND BUTTERFLIES

Line up

  • José J. Izquierdo: bass
  • Víctor Valera: drums
  • Guillermo Izquierdo: guitars, vocals
  • David G. Álvarez: guitars

Voto medio utenti

Sono sempre stato, sin dall'ascolto di quella piccola perla di 'Hidden Evolution', un forte sostenitore degli Angelus Apatrida. Ciò che la band spagnola riusciva a darmi, a livello di sensazioni e di coinvolgimento rispetto alla moltitudine di moltre altri gruppi thrash in giro, di cui spesso ciò che si sente è un riciclo e riciclo continuo di soluzioni già sentite, era assai più elevata, e sopratutto non vi era mai noia nel sentire le varie canzoni e anche nel risentirle. Questi quattro ragazzi invece, pur partendo da delle basi non dissimili da ques'ultimo concetto, son riusciti con il tempo e in maniera abbastanza graduale a rendere molto più personale la loro proposta, cambiamento che è stato notato e che gli ha permesso di crescere di popolarità negli ultimi anni, restando sempre sotto l'ala protettiva della Century Media Records, casa discografica che è assieme a loro sin dalla release del loro secondo album 'Clockwork' del 2010.

C'è da dire che 'Sharpen The Guillotine', del 2018, proseguiva pressochè il medesimo discorso iniziato con il precedente album, mentre con l'omonimo disco di tre anni dopo si era percepito un leggero cambiamento nel songwriting, molto più di impatto, con molti passaggi che quasi ricordavano i Pantera degli anni 90' e una durata complessiva minore rispetto alle precedenti release, un'aggiunta che non mi era particolarmente dispiaciuta, ma che sicuramente in un primo momento era stata difficile da digerire. La curiosità, una volta assimilato il disco, era quindi di sapere se il lavoro successivo degli spagnoli si sarebbe mantenuto su quelle coordinate, o se avessero deciso di cambiare ulteriormente pelle.



Risposta in anticipo, sì e no. 'Aftermath', dalla copertina un po' anonima stavolta, non realizzata male ma con un soggetto di base che penso sia stato visto più e più volte, prende un po' sia dall'imminente passato che da quello più lontano, mischiando entrambe le cose e realizzando un prodotto omogeneo. Anche qui si continua il discorso su canzoni molto 'on your face' fatta eccezione per 'To Whom It May Concern' che gioca su riff veloci e aperture melodiche nel ritornello, passando ad una parte centrale con uno splendido seppur breve assolo di David G. Álvarez, per poi riportare il tutto con un buon crescendo il tutto alla furia iniziale. Lo schema parte iniziale veloce - chorus più melodico è presente nella stragrande parte delle canzoni che compongono il disco, come ad esempio 'Fire Eyes', cosa che inizialmente mi ha fatto storcere un po' il naso, ma poi si realizza che ogni pezzo riesce ad avere una sua precisa identità. Particolarità del disco è quella di avere una serie di ospiti, alcuni conosciuti altri meno, tra cui spicca Todd LaTorre (Queenryche) su 'Vultures And Butterflies', inizialmente una semi-ballad che proseguendo si irrobustiche, e che ben si adatta alle tonalità del cantante. Potrebbe far disapprovare ad alcuni la partecipazione del rapper spagnolo Sho-Hai su 'What Kills Us All', dove il feat di quest'ultimo è unicamente nella parte centrale e non dà neanche chissà quanto fastidio, non andando a rovinare l'incidere fulmineo del pezzo. Promosse anche le iniziali 'Scavenger' o il primo singolo estratto 'Cold', dai riff affilati, diretti, dove ogni tanto anche il cantante Guillermo Izquierdo adatta la sua voce a volte in maniera più secca e tagliente, come anche in 'Gernika' e in altre più profonda andando a richiamare un po' lo stile dell'album precedente.

Gli Angelus Apatrida confermano ancora una volta il loro ottimo stato di forma, arrivando ormai vicinissimi a timbrare i 25 anni di carriera, e dove di veri e propri passi falsi ancora non ne sono stati fatti. Con una lineup solidissima, mai cambiata dall'anno di formazione, questi quattro ragazzi spagnoli si dimostrano capaci di saper rinnovare il proprio sound senza essere banali o ripetitivi. Non fatevelo scappare.

Recensione a cura di Francesco Metelli

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