Dopo appena un anno dal precedente mini “
Wisdom – Vibration – Repent” ecco tornare gli alessandrini.
Beh, io potrei anche chiudere qui la mia recensione, perché non ci sarebbe abbastanza tempo per spiegare a chi mastica poco di queste cose (oppure è un influencer del metallo) chi sia la band guidata da
Wilderness Perversion.
La band nostrana è riconosciuta nel panorama heavy come tra i gruppi che per primi hanno dato il via al black metal, e sono molte le formazioni odierne che fanno della nera fiamma il loro credo ad avere un debito di riconoscenza verso di loro.
Ora eccoli di nuovo a riprendersi di diritto ciò che gli spetta, grazie ad un album che trabocca esoterismo e malignità da tutti i pori. La loro formula è semplice, ovvero un pizzichino di doom nero come la pece, qualche influenza thrashy, una piccola dose di
Mercyful Fate e uno screaming catacombale ed il gioco è fatto.
Ma non è tutto signori, qui abbiamo anche degli interventi di voce pulita come nel singolo “
Rattle breath”, un pezzo che gronda malignità, brano ricco di cambi di tempo che usa sapientemente la melodia.
Altro capitolo eccellente è l’up tempo “
Drowned in silence”, dai riff davvero serrati e che, sono convinto, scatenerà il putiferio dal vivo.
Le chitarre ricamano riffing di pregiata fattura ma sanno anche brillare negli assoli, supportate da una produzione eccellente, pulita e potente che fa risaltare anche il basso.
Quindi, in conclusione,
Black Mirror è un altro centro per questi venerati maestri del nero verbo. Fate vostro questo nuovo opus e godetelo nell’oscurità più assoluta: The Cult Is Alive!
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