Ci sono dischi che sono acerrimi nemici della smania e delle compulsioni contemporanee, opere che richiedono all’astante lo “sforzo” di abbandonarsi senza distrazioni al flusso musicale, concedendosi in parallelo lo studio dei testi e della veste grafica, importante compendio all’assorta operazione d’ascolto.
“Titania” appartiene alla suddetta categoria fonografica e solo attraverso l’assoluta concentrazione è possibile affrontare in maniera adeguata un crogiolo di suoni e di liriche tanto intenso, camaleontico e visionario.
Ispirata a “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare e ai versi di John Keats, la nuova fatica dei veterani (cinquant’anni di storia …) del prog-rock italico Goad non può proprio essere fruita in maniera approssimativa e superficiale, rischiando così facendo di confinarla nell’isolato recinto dell’impenetrabile sperimentazione e finendo per non comprenderne e acquisirne il profondo senso di dramma grottesco, vendetta, romanticismo, amarezza e passione che si propaga dai solchi dell’albo.
Un lavoro piuttosto “difficile”, insomma, straordinariamente curato in tutti i dettagli e che ad ogni ascolto svela sfumature e anfratti inediti, retaggio della cultura enorme, della preparazione e della vulcanica creatività di Maurilio Rossi e dei suoi abilissimi sodali.
Descriverne i singoli passi è, dunque, praticamente impossibile e dannoso, inducendomi esclusivamente ad evidenziare come le pulsazioni ritmiche sinistre e imprevedibili, i riverberi nervosi delle chitarre, le atmosfere surreali ordite dalle tastiere e il canto flessuoso, dolente, sabbioso e solenne di Maurilio producano nell’ascoltatore un’imponente, ipnotica e “spaventosa” energia emotiva.
“Titania” appare dunque come un impressionante esempio di free-rock straniante e ricercato, l’ennesimo motivo di appassionante turbamento per chi apprezza l’arte di “mostri sacri” quali Van Der Graaf Generator, King Crimson, Genesis e PFM, con cui i Goad condividono l’indomita estrosità e l’intelligenza delle emozioni senza limiti.