L’ingresso nei
Nitrate di
Alexander Strandell e dei fratelli
Martin (avvenuto con “
Renegade”) ha sicuramente giovato alla
band e ora non resta che verificare se il suo approdo alla
Frontiers Music ha completato il processo di “crescita” di un gruppo prossimo al trionfale accesso al
Pantheon del genere.
E allora cominciamo col dire che “
Feel the heat” non è ancora una minaccia “seria” per gli attuali residenti del suddetto
Tempio Melodico, i quali però farebbero bene a “guardarsi le spalle” da questa brillante coalizione britannica.
Nonostante il notevole
parterre de rois di collaboratori (all’
album contribuiscono a vario titolo
Isabell ‘Issa’ Øversveen,
Paul Laine,
Bob Mitchell,
Leon Robert Winteringham,
Alan Clark e il fedele
Rob Wylde) e la voce cristallina di
Strandell, per raggiungere l’eccellenza piena al lavoro manca un pizzico di superiore e costante tensione espressiva,
gap fondamentalmente dovuto ad un
songwriting non sempre esaltante e incisivo, incapace di mantenere per tutta la durata dell’opera il necessario soggiogamento emotivo.
Troppi brani del programma finiscono infatti nella categoria “molto godibili” e solo alcuni “sfondano” la barriera di quella euforia emozionale che distingue un “grande disco” da un “ottimo disco”.
Tra i “pezzi da novanta” si schierano sicuramente la “cinematografica”
title-track dell’albo (da consigliare anche ai sostenitori dei Creye), la vaporosa “
All the right moves”, la pulsante “
Wild in the city” (probabilmente il
best in class della situazione), la Journey-
esca "
Live fast, die young” e la deliziosa "
Satellite” (tra Danger Danger e Bad English), mentre come anticipato, tracce come “
Needs a little love”, "
Haven't got time for heartache” e gli
anthem ottantiani “
Strike like a hurricane” e “
Big time” lusingano i sensi senza soggiogarli in maniera inappellabile.
Dettagli al limite della pedanteria, si potrà obiettare con buone dosi di ragione, perché siamo comunque di fronte ad un prodotto di rispettabile valore, e tuttavia sufficienti, perfezionando così l’analisi dell’intera scaletta, pure per non venire “rapiti” da due
ballad solo graziose dal titolo “
Stay” e “
One kiss (to save my heart)”, a cui neanche la pur brava
Issa riesce a conferire il
pathos “definitivo”.
In un settore dove nulla è veramente “inesplorato”, i progressi dei
Nitrate non sono ancora tali da consentire loro di competere ai massimi livelli … sono convinto che il divario con il vertice potrà essere colmato, e considero “
Feel the heat” un qualificato avvicinamento al traguardo massimo.
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