Il destino, lento e funereo, si abbatte con tutto il suo insopportabile peso su di noi, miseri esseri umani, come le immense onde di un oceano oscuro insensibili di fronte alla nostra pochezza.
Il Funeral Doom dei belgi
Slow, qui magnificato nella loro settima uscita ufficiale, è il destino: spietato, nero, abissale, ma anche poetico e dalla genuina forza catartica in grado di riscaldare l'animo come una fiamma, breve, in mezzo al niente assoluto.
Gli intrecci di chitarre che intessono melodie sanguinanti, le eleganti ed estranianti tastiere, il growl profondissimo, ed i tempi dilatati, sono la struttura di
"Abîmes I", un album denso di
emozioni che va nelle profondità più recondite dell'oscurità, mentre sprazzi di luce, che appaiono come lampi nel cielo, diventano fiochi barlumi di speranza prima della inevitabile discesa nelle acque profonde, magnifiche, in un artwork perfetto per un suono perfetto.
Gli
Slow sono maestri dell'ineluttabile e la loro musica una esperienza devastante nella sua ruvida bellezza: nessun amante del genere "funeral" deve lasciarsi sfuggire un disco come questo perché perderebbe il miglior compagno di viaggio attraverso le tristi ed uggiose giornate autunnali.
Arte straziante senza confini.
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