Altro che fine dei giochi, i
Game Over sono in azione ormai da quasi quindici anni e non sembrano proprio intenzionati a fermarsi e a rinunciare a quelle bordate di sano Thrash Metal che hanno rovesciato in ben cinque album, l'ultimo dei quali il qui presente "
Hellframes", che rafforza la collaborazione con la
Scarlet Records.
Registrato a Vicenza, presso i Raptor Recording Studio, "
Hellframes" si giova anche di una copertina realizzata nuovamente da
Mario López (ha lavorato, tra i tanti, per Toxik, Them, Evil Invaders e Heavy Load), che credo abbia saputo cogliere l'essenza del titolo e della titletrack. Canzone che comunque incontreremo solo in chiusura dell'album, visto che si apre invece con l'intro "
Visions", breve strumentale dominato da un suggestivo pianoforte, che temo abbia rischiato di essere frantumato dall'irruenza di "
Call of the Siren", dove la formazione emiliana conferma la propria discendenza dal Thrash Metal statunitense, nel caso con qualche accostamento agli Anthrax, soprattutto per l'utilizzo dei cori. Meno esuberante e più ragionata la seguente "
Path of Pain" dove si segnala l'ottimo lavoro di
Luca Zironi e
Alessandro Sansone ma anche le capacità interpretative di
Renato Chiccoli. Devo ammettere di preferire proprio queste soluzioni più atmosferiche e comunque articolate, a quelle più frenetiche e schizzate di "
The Cult", guardando poi con interesse anche a "
Count Your Breaths", malinconica ed allo stesso tempo energica Thrash ballad, che riesce a passare, senza perdere colpi, da arpeggi di chitarra e passaggi più melodici a scatti improvvisi e nervosi, affrontati con sapienza e garbo, al pari della successiva "
Atonement", un interessante brano strumentale in odor di Metallica, pur senza essere eccessivamente derivativo. A questo punto i
Game Over si devono essere resi conto di aver alzato un po' il piede dall'acceleratore, e così danno gas, sprintando prima con "
Deliver Us" e poi con "
Synthetic Dreams" (dove pare di percepire qualche influenza Crossever, tra Attitude Adjustment e Crumbsuckers), sospinte entrambe dall'imperioso drumming imponente di
Anthony Dantone, due brani diretti e frontali ma di certo non banali, piuttosto ricchi di spunti e soluzioni che danno prova delle loro qualità. Quelle che a mio parere si possono cogliere, e pure meglio, su quella "
My World Dies Screaming" che si affianca alla già citata "
Path of Pain" come uno degli episodi più rappresentativi del disco, anche per quel suo prendere toni nevermoriani, prima della già citata "
Hellframes", che sfiora gli otto minuti di durata e ha il compito di chiudere l'album, guardando ancora alla California (direi dalle parti di casa Mustaine) e puntando un carico da novanta sull'anima più inquieta e creativa dei
Game Over.
Visions
Hauntin’ You
Hauntin' From Underworld
Metal.it
What else?
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