Ho sempre ritenuto l'Australia un paese "speciale" in termini di musica estrema: da quelle parti le cose si fanno sul serio, con la giusta devozione e la necessaria dose di istinto belluino tanto che, spesso, i musicisti del continente oceanico sono più "true" di quelli del nord Europa, nonostante freddo e gelo non siano certo caratteristiche tipiche del paese in questione.
Tutta questa introduzione, per introdurre
Demogorgon, una one man band australiana dedita al black metal, che sembra essersi cristallizzata nel tempo dal momento che la sua proposta è, in tutto e per tutto, devota all'estremo dei primi anni '90, soprattutto norvegese, senza alcuna velleità di innovazione o di rivoluzione, ma solo con la voglia, evidente, di proporre un suono a suo modo immortale.
Certo, a volte i riferimenti ai Carpathian Forest (soprattutto), a Burzum ed agli Emperor, sono fin troppo evidenti, così come alcune ingenuità compositive davvero palesi, ma è anche palpabile la passione di un ragazzo che, probabilmente, è nato nel posto sbagliato e che, altrettanto probabilmente, avrebbe voluto vivere in mezzo ai fiordi.
Al di là delle mie elucubrazioni,
"A Hate For All That Grows", un titolo un programma, è un album immediato, diretto e tagliente, sorretto da un buon riffing "melodico" e dalle giuste atmosfere, legato, dunque, ad un certo modo di suonare il black metal, con alcuni spunti atmosferici di sicuro pregio (la conclusiva
"Cold" è un brano davvero ben riuscito), e con la necessaria dose di autenticità tale da consigliarne l'ascolto, sebbene, credo di doverlo sottolineare, non ci si debba attendere niente di clamoroso.
Ma, spesso, proprio nelle cose fatte solo con il cuore, per quanto imperfette, si nasconde il vero senso di un genere così primordiale come il black metal.
Remember, Demogorgon Fucking Hates YOU!: Viva l'Australia.
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