Salvatore Russo è uno dei musicisti più conosciuti e dotati di tutta la scena musicale italiana. Vanta attività di turnista al fianco di nomi noti (Venditti, Di Cataldo, Youssou N'Dour, De Gregori, Vallesi, Morandi, Tazenda, solo per citarne alcuni), di insegnate, anche tenendo clinics periodici; e di giornalista specializzato per la rivista di chitarre Axe.
Ricordo ancora la prima volta che lo vidi in tv in due puntate della trasmissione "Gran Premio" condotta da Baudo eseguire il tema de "il Tempo Delle Mele" ed una sua interpretazione di una composizione di Mozart con il primissimo modello di Jem777DY della Ibanez, passando tempo dopo nella trasmissione "Avanzi" con la band Sound Machine, mentre imbracciava la Ibanez PGM100. Ora è endorser delle Peavey sia per quanto concerne chitarre che amplificazione.
E'strano come un musicista così dotato ed in giro da ben più di un decennio si sia deciso a debuttare da solista nel campo discografico solo ora. Poco male, comunque, visto che questo suo debutto omonimo conferma tutte le aspettative che è lecito attendersi da un artista di tale calibro.
L'album risulta un vero e proprio ritrato fedele del musicista in questione, molto variegato, ogni traccia ha una propria storia, un suo stile caratteristico che mette in mostra tutte le influenze, le conoscenze musicali e le capacità di cui Russo è dotato.
Certo, alla lunga questo può anche risultare un punto a sfavore per l'album in questione, che forse può peccare di una eccessiva varietà stilistica non perfettamente amalgamata tra le varie tracce. Il valore intrinseco di ogni brano, comunque, non è da mettere in discussione.
Dal punto di vista della produzione sonora, l'album si presenta piuttosto bene, nonostante l'assenza di un vero drummer e l'utilizo del drum programming ad opera dello stesso Russo. Il suo impiego appropriato, corretto e ben integrato nel missaggio, però, non finisce per compromettere il risultato finale, che è notevole, vista anche la sua caratteristica di "prodotto fatto in casa", come specificato da Salvatore stesso nel booklet.
Questo ad ulteriore dimostrazione che ancor prima della tecnologia avanzata e dei macchinari, alla base conta la conoscenza,l'esperienza e la professionalità per realizzare un buon prodotto. Ciò non toglie, comunque, che l'impiego di una vera batteria avrebbe sortito risultati ancor migliori.
Anche le keys sono a suo appannaggio, mentre il lavoro al basso è diviso tra Alfredo Peixao (che si esibisce nell'ottima e breve esecuzione per solo baso di "Chiara e Giulia"), Francesco Esposito e Fabio Franchini, che si alternano tra i vari brani.
L'intero album si assesta su coordinate riferibili all'hard rock, alla fusion, al pop, non mancando affatto anche ulteriori influenze e richiami particolari accennati qua e là.
Eccoci, allora, all'ascolto di tracce davvero ben composte ed eseguite, partendo dall'opener "Start Race", il cui main riff mi richiama alla mente Paul Gilbert e Satriani. Il brano si inoltra per tutta la sua durata anche in territori fusion, con un tema più pacato ed un accopagnamento dal sapore funk.
Da subito si nota come lo stile di Russo si rifaccia in particolar modo a musicisti come Vai, Satriani, Gilbert, Holdsworth, ma anche con una fluidità di fraseggio che non può non ricordare il tocco di Greg Howe, Brett Garsed e TJ Helmerich. Richiami che risultano visibili anche compositivamente in brani come "Breakthru" e "The Sea Lane" (che bello il lavoro al basso!!). Due tracce davvero incredibili sia per tema, per scelta armonica, melodica e per capacità improvvisativa.
"Hard Life" parte con un riff granitico. Anch'essa nel tema si adagia su sentieri fusion, con un accompagnamento dalla sezione ritmica movimentata, ma contrastata da tastiere soft. Assolo in stile hard rock, ma con un lungo momento classiccheggiante, prima di esser ricondotti al tema principale.
Segue "Best Wishes" brano di sicuro impatto emozionale. E' di un incedere drammatico fuori dal comune (per pathos mi riporta a "For The Love Of God" di Vai, ma le composizioni sono chiaramente differenti) e cresce d'intensità progressivamente fino a strappare un sentito applauso alla conclusione dei suoi 3;45 minuti. In evidenza anche l'arrangiamento di una vera sezione d'archi a cura di Paolo Vivaldi.
"The Night Cat" si orienta tra Mike Stern ed Allan Holdsworth sia per attitudine, per suoni ed accompagnamento per tutta la durata del brano. La chitarra solista, invece, fa riferimento a Steve Vai, sia nel tema che nel solo.
"Manic Overdrive" ci riporta a Satriani, con nella parte mediana un ulteriore momento di sano neoclassicismo. L'acustica "Aquascape" con può non colpire fin dal primo ascolto con la sua delicatezza nell'arpeggio ed il consueto, ottimo utilizzo di keys che fino ad ora si è sempre delineato tanto semplice, quanto opportuno ed azzeccato. "Waves" chiude l'album con il suo ritmo rilassato, atmosfere dilatate e la consueta melodia accattivante della chitarra di Salvatore Russo. La composizione raddoppia il tempo nella parte finale per sostenere l'ultima scorribanda solista, tecnica, ma sentitissima della chitarra.
Questo debutto di Russo è notevole, era da un po' che in ambito rock chitarristico/strumentale non ascoltavo un prodotto valido come questo, capace di catalizzare l'attenzione dall'inizio alla fine.
Non viene lesinato l'utilizzo di tecnica, peraltro ottimamente eseguita, ma sempre esplicata in modo opportuno, funzionale agli assoli e mai invadente a tal punto da creare scapito alla melodia.
In ultima istanza vorrei segnalare anche la presenza di tracce multimediali con materiale per musicisti come lezioni in mp3, tabs, biografie accurate, descrizione e sviluppo dell'album, foto varie. Enjoy!
Bravissimo Salvatore, un album ottimo!