Un altro bel “colpo” dall’
Argonauta Records … non sarò certo io a dover scoprire le spiccate qualità da “indagatrice dell’underground” della prestigiosa
label italiana, mentre sono lieto di avere l’occasione di confermarle appieno grazie alla disamina del debutto eponimo degli
Ego Planet, trio del New Jersey fondato nel 2020 da
Chris Baker, un musicista davvero visionario ed eclettico.
La proposta musicale si attesta genericamente tra
hard-rock,
stoner e
grunge, trattati però in una forma “spericolata” e cangiante, a costituire una base sonora su cui si attorcigliano melodie assai efficaci e seducenti.
Ed ecco che i primari riferimenti artistici, individuabili in Monster Magnet, Corrosion Of Conformity e Soundgarden, si arricchiscono di suggestioni espressive mutuate da Tool, Metallica, Voivod e Kings X, il tutto, poi, rielaborato da una formazione che già al suo esordio esibisce un’idea piuttosto nitida di personalità propria.
In realtà, i primi due pezzi di “
Ego planet”, “
Swallow the sun” e “
The call”, seppur ottimi esempi di plumbeo
psych-stoner, “dissimulano” un po’ l’attitudine “progressiva” della
band, la quale emerge pienamente in “
Reflection”, un fascinoso “frullato” di torsioni sonore, tra elettronica, cadenze sincopate e il cantato attraente e catartico di
Jarrett Mead.
Le chitarre minacciose e il clima incalzante e sinistro di “
Entertainment” rivelano un’altra sfaccettatura di questo suono riconoscibile nei suoi tratti essenziali eppure “nervoso”, che in “
Butcher’s blade” diventa più fluorescente, anarcoide e adescante, per poi in “
Leviathan” arrivare a integrare una linea melodica “radiofonica” in un contesto sonico possente e irrequieto.
La maggiormente canonica “
Faceless children” appare comunque un’efficace celebrazione della inestinguibile eredità Sabbath-
iana, capace di trasfigurarsi nella stordente eruzione emotiva di “
Order of the tree”, testimonianza di una preparazione e di una cultura specifica tutt’altro che approssimative.
Ai sostenitori del vinile sono infine dedicate la sferragliante e cosmica “
T.H.E.N.” e una sorta di felice fusione tra
prog-metal,
psych,
grunge e
soul denominata “
Dead man’s float”, due ottime
bonus (soprattutto la seconda) ben lontane dal poter essere catalogate come una lusinga per feticisti.
Dopo l’ennesimo ascolto di “
Ego planet” rimane netta l’impressione di un gruppo dalle potenzialità molto accentuate, che per assurgere ad un ruolo da assoluto protagonista deve forse allontanarsi ancora un po’ da certe soluzioni leggermente troppo prevedibili … per ora comunque, grandi complimenti a tutti.
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