Coinvolgenti, competenti e (un po’ troppo) “parsimoniosi”.
Con questi tre aggettivi ritengo si possa sintetizzare piuttosto efficacemente l’essenza artistica dei teutonici
Freakstorm, rilevata attraverso l’analisi del loro secondo
album “
Angel in the dark”.
Cominciamo a dipanare la questione partendo dall’attributo più singolare … il gruppo è formato da soli due membri, la cantante
Sinah Meier e il batterista
Olli Fuchs, riducendo così ai minimi termini il personale esecutivo “titolare”. Continuando sullo stesso tema, l’opera, di durata non straordinaria, prevede due
remake e due pezzi ripetuti, realizzati in versioni differenti.
Se la “frugalità” nella formazione è superata brillantemente dalla presenza di valenti ospiti (più o meno prestigiosi … i noti
Dennis Ward,
Oliver Hartmann e
Rick Benton, e i meno conosciuti
Timothy Shaw e
Toby Wendeler degli SchwarzLicht), il fatto di poter ascoltare così poca musica “originale” finisce per scontentare l’astante, perché, ed eccoci arrivati alla decrittazione delle altre succitate prerogative, il disco è davvero godibile, perfetto per sollecitare i sensi degli estimatori di Pink Cream 69, Laos, Doro,
Lee Aaron e Halestorm (la prima canzone registrata dalla
band è stata una proprio una
cover del gruppo statunitense).
Un suono “classico”, dunque, ma sufficientemente fresco e vivace da non risultare anacronistico, pilotato dalla laringe “educata” della
Meier, attrezzata per onorare gli insegnamenti delle
Grandi Istitutrici della fonazione modulata e confrontarsi senza timori con le loro eredi più accreditate
(Issa,
Chez Kane,
Elizabeth "Lzzy" Hale,
Dorothy Martin, …).
Il resto lo fanno melodie ampie, accessibili ed energiche, pronte ad affascinarvi come accade nell’atto d’apertura “
Fight to the end”, in cui l’attitudine
poppettosa del ritornello s’impasta a meraviglia con il fraseggio cromato delle chitarre.
Andiamo persino meglio con la successiva “
Stop the fire”, la cui melodia contagiosa e “attualizzata” diventa, nella seconda variante del brano, ancora più moderna e “radiofonica”, grazie al prorompente contributo vocale di
Timothy Shaw.
“
Creature of the night” è un vibrante gioiellino sonoro da consigliare ai
fans di Vixen,
Lita Ford e
Fiona, mentre la languida
title-track dell’opera non sfigurerebbe affatto nel repertorio di
Isabell Oversveen, tanto meno nella sua trasposizione orchestrale e pianistica che chiude il programma.
Con “
Black soul” i
Freakstorm sconfinano felicemente nei terreni
hard-blues (ottima sia la prestazione vocale e sia il raffinato e pastoso
guitar-work di
Hartmann), per poi sfoggiare, nella delizia acustica “
You destroy me”, un
pathos che potrebbe addirittura finire per suggestionare chi non ha mai dimenticato la tensione empatica della voce di
Dolores O'Riordan.
Arrivati alle riproposizioni, non è difficile constatare una spiccata propensione nel trattare pure questa particolare “materia”, celebrando con devozione e bravura l’immortale “
Big city nights” (dei “padri fondatori” Scorpions … una precisazione superflua, sono sicuro ...) e rendendo “
Paparazzi” di Lady Gaga un appassionante frammento di possente e adescante
metal melodico, adatto anche alle nuove generazioni di
rockofili.
Per formulare giudizi ancora più precisi e circostanziati sarebbe stata opportuna una “base dati” maggiormente consistente, ma per ora i
Freakstorm impressionano molto favorevolmente.