Ottavo capitolo discografico per gli
Axenstar che, a dispetto della mancanza di fantasia nella scelta del titolo (“all’anagrafe” fa, per l’appunto,
Chapter VIII), realizzano a un lavoro valido, per merito di una ritrovata vena compositiva, emersa già nei precedenti 2 dischi, dopo qualche inevitabile scivolone manifestatosi in un passato più o meno lontano (vedasi alle voci "
The Final Requiem" o "
Aftermath").
Gli svedesoni di Västerås, capitanati sempre dal veterano “tuttofare”
Magnus Winterwild (voce, basso, chitarra e tastiere), affiancato dai fedeli chitarristi
Joakim Jonsson e
Jens Klovegård, a cui si aggiunge il nuovo drummer
Pelle Åkerlind (già nei
Morgana Lefay ed ex-
Bloodbound), si dedicano anima e corpo a questa loro ultima fatica discografica, che inizia a sedurre l’ignaro ascoltatore già dal bellissimo artwork.
Chapter VIII, uscito per la
Inner Wound Recordings, è caratterizzato, come di consueto, da sonorità improntate all'amarezza, ma avvolte da un’aura onirica e da atmosfere incantate, inserite all’interno di un corposo contesto ritmico.
La musicalità è sempre stata il vero e proprio punto di forza degli
Axenstar e, anche in questo caso, la band svedese riesce a mantenere fede alla propria natura, facendo perno su tracce, quali le romantiche
Heavenly Symphony,
Holy Land o la robusta
The War Within, dalle trame melodiche magiche e dense d’intensità emotiva, con quel vago retrogusto agrodolce (soprattutto nel cantato), che ricorda i primi indimenticabili
Sonata Arctica.
Ai suddetti brani, si aggiungono poi composizioni penetranti ed inquiete al tempo stesso, come la strumentale
Enchanted Lands (credo non sarò il solo a cui questa traccia ricorderà il tema portante di “Profondo Rosso” dei Goblin), la trascinante
Eye For An Eye con il suo refrain semplice, ma incisivo, l’epica
The Flame Of Victory con le sue striature folk, oppure ancora, la conclusiva
Life Eternal.
Siamo quindi al cospetto di un disco tutto “rose e fiori” e privo di difetti? NO.
Inevitabilmente, gli
Axenstar odierni purtroppo, non possiedono più quella esplosività, forse un pò ingenua ma assolutamente spontanea, dei primi (ormai lontanissimi) 2 album. Tuttavia la band, con gli anni, ha acquisito un considerevole tasso di maturità e oggi è in grado, all’occorrenza, di lavorare abilmente “di mestiere”. Del resto, in questi casi, vale la pena riesumare il classico discorso, tanto banale, quanto mai opportuno (e tristemente veritiero), dell’impietoso trascorrere del tempo e di come esso trasformi le priorità di tutti gli esseri umani.
Se a inizio a carriera, i nostri simpatici svedesoni erano dei ragazzini affamati di gloria e pieni di sogni, oggi siamo al cospetto di un manipolo di persone mature, segnate dalle esperienze di vita, che tuttavia, credono ancora fermamente (e si sente!) nella musica che scrivono.
Chapter VIII è un album diretto e di facile presa, eppure assolutamente efficace. Un disco riuscito, in cui gli
Axenstar esprimono, una volta ancora, la loro spiccata vena melodica intrisa di sognante malinconia, seguitando cosi a percorrere il sentiero a loro più congeniale, contrassegnato dalle tradizionali sonorità di matrice nordica, che vengono, come sempre, reinterpretate secondo il proprio istinto, rendendo il sound della band assolutamente personale, in un genere quanto mai affollato.