—> Non fatevi ingannare dalla colorata copertina (che sembra un po’ lo sbocco di un unicorno),
Prequel to Madness è IL metal classico (con le varie sfumature speed, power, NWOBHM, US power…) forgiato dai
Traveler con la loro personalità per noi, per portare avanti un suono classico ed eterno, per godere della potenza di una musica immortale, ancora ed ancora.
<—Ora che lo sapete, facciamo un passo indietro.
Sembra un tempo tanto lontano, un tempo in cui non si parlava di altro nel mondo ma la pandemia da COVID è terminata ufficialmente solo a maggio 2023. Il mare di preoccupazioni, problemi, ripercussioni che ne sono derivati hanno segnato profondamente molti aspetti delle nostre vite. Lo so, è un argomento nauseante ormai ma necessario per introdurre questo terzo lavoro dei
Traveler, album che ha rischiato di non vedere la luce, anzi, la band stessa è stata ad un passo dallo sparire.
In questo clima di profonda incertezza e smarrimento,
Matt Ries (chitarra) e
Jean-Pierre Abboud (voce, che chiamo amorevolmente Giampiero Abate) hanno insistito, tirato dritto e cercato di fare di tutto per tenere viva la band e continuare nel percorso di scrittura che ha portato a quella bomba di cui vi parlo oggi:
Prequel to Madness.
Capitan
Giampiero e l’ammiraglio
Matt hanno quindi condotto il vascello dei
Traveler attraverso burrascose acque, momenti duri in cui diversi membri della ciurma hanno abbandonato la nave:
Chad Vallier, straordinario drummer della band, ha dato le dimissioni (anche dai fottutamentemagnifici conterranei Riot City), il bassista
Dave Arnold si è defilato; ognuno con le proprie motivazioni delle quali non è corretto discutere.
Sul nuovo deflagrante disco, sia la batteria che il basso passano quindi da
Dave e
Chad a
Jake e
Nolan su ciascun “lato dell’album”:
"Take the Wheel", ad esempio, vede al lavoro
Vallier e
Arnold, mentre su
"Rebels of Earth" sono
Benedetti e
Wendt a suonare (la line up completa è qui a fianco).
Queste informazioni arrivano da una informale chiacchierata con
Giampiero; doverose per rendere comprensibile l’atmosfera generale.
Vi ho già detto che l’album è una bomba, vi ho parlato del periodo “particolare” per la band, ora è giunto il momento di spendere due righe più approfondite su questo lavoro.
Se l’inizio della loro carriera è stato un folgorante e viscerale tributo a
Satan, Omen, Exciter, Priest, Maiden, Malice, il secondo
Termination Shock ha visto perfezionare i suoni e gli arrangiamenti -sempre al servizio di canzoni varie, incisive e con una maggiore dose di personalità- ecco che
Prequel to Madness rappresenta la consacrazione.
Oggi possiamo dire che i Traveler suonano come i Traveler. Sembra una stronzata ma è tutto fuorché scontato.
La maturità raggiunta dalla band permette di sfoggiare tratti distinguibili che si possono trovare nella voce alta e “con il raspino” di
Giampiero che non fa mai il verso a
Bruno Cazzinfigio, alla
Roberta o a
Giuffrido Tate ma ha timbro e stile ben definiti, così come le chitarre di
Nolan e
Toryin non sono mai una pallida imitazione di quelle di
KK e
Tipton o di
Inguine, non copiano hook o fraseggi ma vergano riff d’acciaio e assoli cristallini. Lo stesso si può dire della batteria, e qui bisogna dire
Nolan fa tre passi avanti rispetto agli
Hrom (altra sua band, più sbilanciata sul versante power) evitando infiniti tappeti di doppia cassa, mettendo invece le sue abilità al servizio delle canzoni, inserendo i giusti accenti e cercando di non essere schematico. Merito di una scrittura delle canzoni di alto livello.
Tutte queste caratteristiche -leggi personalità- vengono spalmate su nove pezzi vari, dinamici e trascinanti in grado di fare la felicità di ogni ascoltatore affamato di sonorità classiche. Non mancano gli episodi più veloci e sparati, così come quelli più cadenzati o melodici e, per stessa ammissione di
Giampiero, “questo è il disco dei Traveler più incazzato finora”.
"Take The Weel" è una canzone veloce dal riffing semplice con una bella apertura melodica nel ritornello;
"Dark Skull" si presenta diretta e cadenzata, un pezzo che sa di anni’80, con linee vocali mai banali ma che al secondo giro ti si ficcano in testa con piacere e che mostrano un bel lavoro di basso;
"The Law" vede tornare la velocità, per una song breve, spedita e da headbanging, con un cantato a tratti isterico e che sa inserire grandi linee a dispetto di parecchio testo;
"Rebels Of Earth" è aperta da un riff cadenzato e si sviluppa in un mid tempo melodico che appare molto semplice ma che nasconde sorprese, come il break a 2:25 con cambio di riff e basso che pulsa. Finale in crescendo dove si vola;
In questo momento un brivido si è levato dalla schiena, ho alzato il pugno al cielo e ho pensato: “se solo ai Maiden importasse ancora qualcosa della musica darebbero via tutto il loro patrimonio per potere scrivere canzoni come queste”.
"Heavy Hearts" mostra velocità ed energia -quella che manca a molte band che praticano questo sport- ritornello trascinante, break con il basso che esce e scapoccio assicurato;
"No Fate" è un pezzo epico e dalle belle linee, un up-tempo, con un ritornello trascinante, assoli melodici e mai pocciati, mostra finezze nei sempre ottimi arrangiamenti di basso e batteria e garantisce altri brividi;
"Vagrants of Time" è un altro up-tempo -la soluzione forse più usata- che mostra una volta ancora la grande bravura negli arrangiamenti e nello sviluppo tra strofa e ritornello;
"Prequel to Madness", title track -nonché traccia di chiusura e brano più lungo del disco- inizia in maniera molto tradizionale, poi viene spezzata da un riff e comincia a pestare sulla velocità ma mai in modo piatto, a metà diventa cadenzata e maggiormente melodica per poi ripartire a randa. Un brano articolato ma mai complicato o forzato, che scorre naturale e fa volare via i suoi oltre 7 minuti, chiusa da piacevoli chitarre acustiche
Questo è tutto.
Avete un parere generale, avete un posizionamento di
Prequel To Madness rispetto ai suoi predecessori, avete un track by track. Al netto di tutte queste considerazioni, lasciatemi dire una cosa: quando hai passato i 40 anni e ti emozioni ancora per questa musica come quando eri tredicenne e ascoltavi le cassettine dei tuoi eroi, beh, vuol dire che funziona.
Top 10 dell’anno, senza dubbio alcuno, pure se uscisse oggi
Piece of Mind.