Appena iniziato ad ascoltare questo lavoro ho avuto un presagio e alla fine dell’ascolto ho avuto una certezza ... Giudicare
‘Sermons Of The Black Flame’ non è per niente facile, in quanto, se volessimo semplicemente inseririlo all’interno della discografia degli
Halphas, troveremmo certamente un grosso salto, non solo temporale, da
‘The Infernal Path Into Oblivion’ a questo lavoro, in quanto le differenze a livello di proposta sono troppo profonde ... e tutto ciò non può semplicemente spiegarsi con la sostituzione di
Legatus, vocalist sui primi due albums con
Berith, in quanto il vecchio singer non era certo un trademark della band e quello nuovo non lo diventerà.
‘Sermons Of The Black Flame’ è talmente diverso e nuovo rispetto agli altri lavori, che forse gli
Halphas avrebbero fatto meglio a cambiar monicker .... Chi li aveva conosciuti ad amati per i primi due album, deve fare molta attenzione prima di comprare a scatola chiusa questo platter, infatti se ferocia, blasfemia e nichilismo erano il trade mark dei primi due lavori, la melodia è il leit motiv di questo nuovo ... tutto è terribilmente melodico, lavorato, pensato, tutto risulta artefatto, non nel senso di finto, ma di ‘calcolato’, della beata spontaneità di
‘Dawn Of A Crimson Empire’ non c’è più neanche l’ombra ... quando le prime note di
‘The Draconian Path’ fuoriescono dagli speaker ci si chiede come mai i nostri crucchi abbiano voluto cominciare l’album con un pezzo lento, ma quando arriviamo alla fine ci rendiamo conto che questo era uno dei più aggressivi ... come cambiano in fretta le sensazioni e con esse le valutazioni ... Superato però questo shock, quello che ne resta sono 7 brani, più intro, di melodic black metal dal vago sapore epico/guerresco che in alcune parti può ricordare i
Rotting Christ dell’ultimo periodo di carriera, forse per l’uso abbondante di mid-tempos , forse per la voce declamatoria che si erge su un tappeto di melodie epiche (
‘Wolves Of The Void’ ,
'Disciples Of Dark Gods’,
‘The Architects Eye’) e che in altri momenti rimanda agli ultimi
Manebryne... ma ciò che più importa rispetto alle eventuali influenze/paragoni è la qualità dei pezzi, tutti discreti e interessanti ma mai eccessivamente buoni, ad eccezione del conclusivo
‘Into The Fires Of The Black Flame’, che al netto del più banale dei titoli in ambito black, riesce a regalarci una prestazione notevole, grazie a delle melodie finalmente più sinistre, fredde e crude che si sposano con più sostanza musicale e meno orpelli proto-orchestrali ... A me l’album nel complesso piacicchia (da qui il voto), mentre sono sicuro che raccoglierà consensi molto unanimi ed entusiasti dai (nuovi) fans e dalla ‘critica’ meno attenta ... c’erano una volta gli Halphas ...
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