I norvegesi
Profane Burial, tra i quali troviamo anche
Bjørn Dugstad Rønnow (attuale drummer dei
Borknagar), a distanza di circa sei anni dal loro debutto discografico,
“The Rosewater Park Legend” (2018), tornano sul mercato con il loro secondo lavoro:
“My Plateau”, pubblicato sotto l’egida della
Crime Records.
La proposta dei norvegesi è un black metal dai suoni piuttosto crudi e old-school, dove con prepotenza fanno irruzione partiture di tastiera direttamente derivate dalla musica classica, in un conflitto dialettico costante che permea l’album per tutti i suoi trentacinque minuti.
“My Plateau” ha una forte valenza atmosferica e un mood cinematografico, a tratti teatrale, che trasporta l’ascoltatore all’interno di un viaggio oscuro snodantesi su strutture tendenti al progressive e a raffinate orchestrazioni; pur senza perdere l’immediatezza della forma canzone. Questo avviene anche grazie all’abilità di
Kjetil Ytterhus al microfono, e alla costruzione di linee vocali che richiamano ogni qual volta al tema principale delle songs, conferendo loro un piglio moderatamente catchy.
Resta difficile isolare, soffermandosi, su un momento piuttosto che un altro…
”My Plateau”, al pari delle grandi opere cinematografiche a cui si ispira il gruppo, necessita di essere introiettato, e assimilato, nella sua interezza.
Senza dubbio questo secondo full-length, rispetto al precedente
“The Rosewater Park Legend”, si spinge più marcatamente sui lidi più violenti della corrente nera - facendo ampio uso del tremolo picking e del blast beat -, tuttavia con il pregio di riuscire ad amalgamarla perfettamente con l'anima più atmosferica e sinfonica dei
Profane Burial.
Ogni nota si concatena l’una all’altra in maniera oscuramente armoniosa, riconfermando ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, che in Norvegia la fiamma nera è ancora protesa verso l’alto.
Recensione a cura di
DiX88
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