Gianluca Grasso è un musicista esperto, incredibilmente dotato e con un curriculum da fare invidia, con collaborazioni che spaziano da Tullio De Piscopo a Silvia Mezzanotte.
“Keyprog (Collection 1)” è il secondo album solista del tastierista ed è un ascolto sfidante che abbraccia sonorità ascrivibili alla fusion più ansiogena (
“AstraZen”, “Game Over”) o ad alcune glorie dei Seventies sotto steroidi (è il caso di
“Bath Sheba”, che fa un po’ Weather Report, o di
“Break The Silence”, che sembra proiettare
“Autobahn” nel nuovo millennio).
Dominano le timbriche acide, in particolare quelle feroci del piano elettrico filtrato con il modulatore ad anello alla maniera di Hiromi o di Esbjörn Svensson nelle loro fasi più sperimentali (
“MidAug”, “Pripyat”, “Slim Fit”). Il gusto di
Derek Sherinian emerge in
“Abyss” e in
“Urban Jungle”, mentre l’ottima
“Distant Maisie” - con atmosfere sinfoniche e cinematografiche che rievocano Jacob Collier - mi sembra di gran lunga la vera sorpresa del full-length.
Un tantinello troppo faticoso per i miei gusti.
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