La parabola discografica degli
Autumnblaze, giunta all’ottavo capitolo sulla lunga distanza, aveva forse bisogno di una sorta di “bilancio” ed ecco che “
Auf zerfetzten schwingen” condensa al suo interno un po’ tutte le anime espressive del gruppo tedesco, attraversando trame sonore talvolta aggressive, altre volte eteree, decadenti ed elettroacustiche, il tutto alimentato da quel senso di romantico
spleen esistenziale che da sempre contraddistingue l’approccio artistico di
Markus Baltes e
Arisjel.
Definito “[…]
un manifesto contro la guerra e tutto ciò che essa comporta […]” il disco, cantato in madrelingua (“[…]
per trasmettere il messaggio in modo più chiaro e autentico […]”), è un concentrato di rabbia, passione e malinconia che combina, a beneficio di chi non conoscesse nei dettagli la storia della
band teutonica, le spirali
gothic dei (primi) Katatonia, certe visioni elegiache degli Empyrium (in cabina di regia troviamo
Markus Stock) e qualcosa del
doom-metal dolente dei My Dying Bride, il tutto filtrato attraverso la sensibilità di musicisti capaci di trattare la materia “oscura” in maniera ampia e variegata.
Sfruttando narrazioni sonore ora dilatate e ipnotiche e ora tese e catartiche, l’albo raggiunge abbastanza efficacemente l’obiettivo prefisso, ossia costruire atmosfere dense di impeto evocativo e di dramma, in grado di esternare un profondo e viscerale senso di disagio da condividere con tutti quelli che fanno fatica ad accettare l’isteria e la follia dei nostri tempi.
In tale contesto, addentrarsi nei singoli episodi di un’opera così carica di connotazioni emozionali risulta decisamente poco produttivo e quindi mi limiterò ad accogliere l’universo poetico tormentato (e, a tratti, un po’ dispersivo) degli
Autumnblaze con un certo favore, rilevando come gli aspetti celebrativi e “riepilogativi” di “
Auf zerfetzten schwingen” non appaiano fastidiosamente autoindulgenti, ammantando l’opera di un palpabile alone di fascino e rendendola meritevole di considerazione.
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