I francesi sanno molto bene cosa sia suonare black metal, ma soprattutto esserlo.
Non hanno bisogno di facili soluzioni, artifizi vari o scappatoie per piacere ai fan, loro se ne fregano altamente.
Non danno aperture melodiche annacquando il suono ma offrono attacchi a testa bassa con rallentamenti maligni e mortiferi corredati da riff di scuola svedese uniti ad uno screaming rabbioso.
Due chiari esempi come “
Sulphurean synods” o “
Wounds that heal” fanno capire il combo transalpino cosa vuole comunicare all’ascoltatore.
La produzione è chiara e potente, con le chitarre che offrono non solo morsi in tremolo, sanno anche creare atmosfere sulfuree con arpeggi nerissimi.
E non è tutto, ascoltate bene l’ultima traccia, la strumentale “
Embalmer’s wine”; pur non tenendo il piede continuamente premuto sull’acceleratore sanno comporre un pezzo pesante, malvagio e cattivo.
Questo nuovo album è l’ennesimo sputo verso la religione cristiana, la nera fiamma arde solenne nel cielo di Francia.
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