Copertina 8,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2008
Durata:47 min.
Etichetta:Metal Mind Productions
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. INTRO
  2. ORGANIC EGO SYSTEM
  3. THREE-COLOURED RHAPSODY OF DEAD TIME
  4. LANDSCAPE OF LIQUID COLOURS
  5. VI/XII NUCTEMERON
  6. ALL-SEEING EYE
  7. GRAND SPACE OPERA
  8. A HAND ACROSS THE GALAXY
  9. SELF-PROCLAIMED EXISTENCE
  10. THY REVERIE
  11. NOBLE PROPHETS

Line up

  • Lestath: vocals & drums
  • Levan: vocals
  • Valeo: guitars & keyboards
  • Sigmar: guitars
  • Tas: bass
  • Revisque: synths

Voto medio utenti

Continua la pregevolissima opera della Metal Mind Productions nella pubblicazione di dischi di misconosciute bands polacche, usciti solo sul suolo polacco e finalmente resi disponibili al resto del mondo.
Questa è la volta dei Sammath Naur, moniker di ispirazione tolkieniana, autori di questo “Self-Proclaimed Existence”, originariamente uscito nel 2005.
Il suono è un black/death metal dai toni avanguardistici, grazie al massiccio uso di tastiere e di sintetizzatori che rendono la proposta della band molto fresca e moderna.
La modernità della band è tuttavia mitigata da un uso delle tastiere a volte sinfonico, e quindi retrò, che rimanda a certe cose dei Dimmu Borgir. Il sound è ulteriormente strutturato grazie alla doppia voce, lo screamin’ black metal e il growling dai toni decisamente brutal.
Musicalmente siamo nel bel mezzo di un maelstrom dove un riffing black si sposa ad un drumming feroce e chiaramente brutal death metal, ma non mancano le inversioni di tendenza, dove il riffing va in downtune e il drumming acquista i patterns ritmici tipici del black metal.
Dopo l’intro spaziale è “Organic Ego System” a sciorinare tutta la bravura dei Sammath Naur, oltre cinque minuti di furia iconoclasta tirata a lucido. Lo stesso dicasi per “VI/XII Nuctemeron”, devastante e brutalissima. “A Hand Across Galaxy” è progressive space rock con vocals brutali, mood ripreso nella parte conclusiva di “Noble Prophets”.
Non mancano momenti più tranquilli, come l’acustica “Thy Reverie” oppure “Grand Space Opera”, dai toni classicheggianti.
La band dimostra una padronanza della materia davvero buona, il songwriting è complesso e variegato, ricco di influenze, mai banale.
Questo disco è una piccola perla, peccato averla scoperta in ritardo. Next big thing? Vedremo.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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