E' possibile pubblicare musica di qualità anche dopo quarant'anni dalla formazione della band, e dopo che in lineup non c'è neanche un membro originale? La risposta dopo aver sentito
'Beyond The Bells' dei belgi
Scavenger, autori di 'Battlefields' nel lontano 1985, è assolutamente sì, anche se va ammesso che ci si trova davanti ad una storia abbastanza strana.
Nati inizialmente sotto il nome di Deep Throath nel 1980, cinque anni dopo arriva sotto Masoleum Records il debutto citato poc'anzi, un lavoro mi viene da dire sottovalutato e che andrebbe riscoperto, ma accade che l'etichetta fallirà praticamente subito dopo la release, e gli
Scavenger non abbiano più la possibilità di proseguire la loro carriera, trovandosi di fronte un muro, potendo solo sciogliersi un anno dopo, nel 1986. Un lungo periodo di silenzio durato poi fino al 2018, dove il gruppo si riforma ma senza nessun membro della lineup originale. Situazione alquanto bizzarra, ma il nome Scavenger torna a farsi sentire prepotentemente nella scena, e fra show tra vari festival e club in giro per l'Europa e il rilascio di un primo singolo
'Backslides', e tutto ciò rafforza la voglia di tornare a farsi sentire con un nuovo album, per l'appunto
'Beyond The Bells'.
[Foto fornita dalla band]
Ho fatto già spoiler nelle prime parole della recensione, ma andando nello specifico non si può non dire che il quartetto non sia stato capace di confezionare un prodotto, partendo già dalla spettacolare copertina (molto Helloweeniana tra l'altro), capace di soddisfare pienamente gli amanti dell'heavy metal suonato nella sua forma più pura e scevra da contaminazioni, andando ad infilarsi benissimo nel filone di revival che ormai è attivo da molti anni. Un revival però che non guarda unicamente al passato, proponendo copie scialbe delle canzoni già conosciute, ma arricchendole di un'energia veramente invidiabile, mantenendo intatti le caratteristiche di un sound NWOBHM, ma anche fedele alla lezione lasciata da Judas Priest e Warlock. Basti sentire pezzi come
'Slave To The Master', dove il classicismo si spreca, o la frizzante
'Black Witchery' dove la voce di
Tine Callebaut ha ogni tanto il difetto di puntare troppo in alto risultando fastidiosa, ma per fortuna sono momenti che durano poco e dove la velocità unità al vigore dei riff contribuisce a non soffermarvisi più di tanto. Ci sono poi
'Crystal Light' dal ritornello più ficcante, o
'Hellfire' dal ritmo più cadenzato e orientata su una maggiore melodia, ma non per questo fuori contesto. Grande spazio riservato anche agli assoli, prendasi
'Nosferatu' dove il duello fra le chitarre operato da
Kevin Demesmaeker e
Tim Naessens funziona alla perfezione.
Un lavoro dove, se si riesce ad oltrepassare un timbro di voce della cantante spesso leggermente troppo alto, le lamentele si sprecano e ci si focalizza unicamente su ciò che conta, la musica. Nuova lineup ma il risultato resta quello, un applauso agli
Scavenger.
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