La band
The Troops Of Doom è stata formata nel 2020, in pieno periodo pandemico, da
Jairo “Tormentor” Guedz, ovvero il chitarrista dei
Sepultura dell'era
“Bestial Devastation” (1985) e
"Morbid Visions" (1986); il quale lasciò i fratelli
Cavalera nel 1987, e a cui subentrò
Andreas Kisser... Dopodiché il resto è storia.
La nuova creatura di
Jairo comprende anche altre figure significative della scena estrema brasiliana, come il chitarrista
Marcelo Vasco (
Patria,
Mysteriis), che è anche un artista grafico di fama mondiale, attivo sempre nel panorama musicale (Slayer, Dee Snider, Kreator, Machine Head, Soulfly e molti altri); il cantante e bassista
Alex Kafer, ex chitarrista dal vivo dei
Matanza, e il batterista
Alexandre Oliveira, ex membro della band
Tianastácia.
A distanza di due anni dalla sua formazione, il gruppo ha pubblicato due EP:
“The Rise of Heresy” (2020),
“The Absence of Light” (2021) e la compilation
“Prelude to Blasphemy” (2023), insieme al loro album di debutto,
“Antichrist Reborn” (2022), e si ripresentano oggi, 2024, con
"A Mass to the Grotesque", sotto l'egida della
Alma Mater Records.
Nella produzione vediamo la mano del produttore svedese
Peter Tägtgren (Hypocrisy, Dimmu Borgir, Amon Amarth, ecc.) e di
Jonas Kjellgren, entrambi operanti in Svezia; di
André Moraes, noto per il suo lavoro su
“Dante XXI” dei
Sepultura; e di
Jim Morris ai leggendari Morrisound Recording di
Tampa, in Florida... uno dei luoghi di culto dei classici del Death Metal degli anni '80 e '90.
Mentre per quanto riguarda la copertina, questa è stata dipinta da
Dan Seagreve, autore di molti artwork di classici del death metal. Inoltre possiamo trovare la partecipazione di svariati special guests:
Jeff Becerra (
Possessed),
Alex Camargo e
Moyses Kolesne dei
Krisiun, e
João Gordo (
Ratos de Porão); a cui si aggiunge la collaborazione di
Masterchef Henrique Fogaça, per la cover della canzone
"Lugar Nenhum", appartenente al gruppo rock brasiliano
Titãs.
Adesso, dopo tutti i dovuti cerimoniali di rito, passiamo alla nostra "critica", che, ahimè, penso deluderà le aspettative suscitate dai nomi qui scomodati…
Io comprendo il desiderio di suonare con l'attitudine seminale dei gloriosi anni '80, e anche che alcuni dei musicisti qui presenti siano tra quelli che hanno contribuito a gettare i prodromi di un certo modo di suonare metal estremo; un approccio rivolto al passato che generalmente tendo a premiare, tuttavia, in questo caso, a mio avviso, e lo dico con dispiacere, abbiamo solo un riciclo di idee che si muovono su fili che scorrono e si intersecano tra il plagio e l'autoplagio.
Tutto il plattter assomiglia ad una sorta di rifacimento del repertorio dei
Sepultura dei primi anni (fino ad
"Arise", 1991, per intendersi); con l'aggiunta di un rifferama indegnamente debitore agli
Slayer, qualche eco dei
Kreator in alcuni frangenti, e un influsso proveniente da
Venom e
Celtic Frost; oltreché, come prevedibile, data la presenza di Becerra, dei
Possessed, soprattutto nei frangenti più estremi e tendenti al Death.
Di per sé queste influenze non sarebbero un male, anche perché, come ho già accennato poco sopra, questi personaggi hanno contribuito a creare il panorama estremo; tuttavia, il fatto che vi siano delle strutture derivative fino a tal punto, con riffs quasi sottratti ad altre opere, e che, in generale, l'album resti risucchiato dalla spirale stantia delle vecchie glorie, fa sì che l'identità dei
The Troops of Doom resti sempre celata dietro l'emulazione, alternata, di tali divinità.
Per quanto mi riguarda questo lo si può ravvisare fin dal principio, non appena termina l'intro
"Solve Et Coagula- Introduction" e iniziano le note di
"Chapels of the Unholy", la quale sembra tratta dai
Sepultura di
"Beneath the Remains" (1989) e
"Arise" (1991). Questo sia per quel che riguarda lo stile canoro adottato da
Kafer, che per i riffs ampiamente riciclati, oltreché dai brasiliani, dagli
Slayer. La stessa cosa vale per
"The Impostor King" - anche se si deve ammettere che il brano risulta davvero efficace -; per
"Denied Divinity" e
"The Grotesque"; così come per
"Terror Inehritance", richiamante alle sfaccettature più cadenzate del songwriting della coppia
Hanneman/King, e su cui, in alcuni riffs al fulmicotone, si avverte con forza l'eco dei primissimi
Kreator.
Si tenta, e in buona parte riuscendoci, qualche sonorità lievemente più originale nella più articolata
"Psalm 7:8 - God of Bizarre", con le sue atmosfere tendenti al doom dilaniate a forza dai blast beat, e forse nella conclusiva
"Venomous Creed", che, nel suo debordare nel Death Metal, devo essere sincero mi ha suscitato qualche accenno di headbanging.
Ho trovato intriganti anche alcune trame melodiche sparse qua e là con moltissima parsimonia, dove vi è un uso dei tritoni richiamante, oltre che i soliti Slayer, lo stile della frangia più soft della
Bay Area, denotando, inoltre, qualche apertura Heavy.
Credo sia questo, forse, uno dei punti chiave da cui ripartire per sviluppare qualcosa di più personale… E a mio avviso lo si può intuire bene dall'ascolto della groovy, e già citata ,
"Psalm 7:8 - God of Bizarre", che risulta forse tra gli episodi più interessanti qui contenuti.
"A Mass to the Grotesque" è un prodotto adatto solo ai nostalgici del Thrash della prima ora; senza pretesa alcuna di originalità e rielaborazione della materia.
I brani sono costruiti bene, e il prodotto, nell'insieme, risulta piuttosto curato.
…Dunque, se farete finta di dimenticare i capolavori del passato, forse riuscirete a divertirvi…
Recensione a cura di
DiX88