Fondati dal belga
Guy Van Nieuwenhove (alias
Nevel) nel 2021, originariamente come progetto solista, divengono in seguito una band a tutti gli effetti.
A distanza di due anni dal loro debut album
“Malvs”, si ripresentano con il nuovo
“Devourer of All”, sotto l’ala della
Phoenix Mortis Productions.
Dispiace dirlo ma non trovo un'abbondanza di parole adeguate per descrivere questo album; se mi fossi immaginato una qualità così scadente sicuramente lo avrei bypassato.
Avevo deciso di recensirlo prevalentemente perché avevo letto della presenza di
Lukas Risbourg dei
Serpents Oath (grande gruppo), non potevo certo aspettarmi questa tipologia di prodotto.
I
Nyrak propongono un Black Metal sinfonico, a tratti teatrale, dove si alternano parti tipicamente black ad altre orchestrali, costituite da una corposa miscela di synth, tastiere, pianoforte, e quant’altro. Nei frangenti tradizionalmente neri abbiamo i classici tremolo, che contraddistinguono il genere, suonati però con pochissimo mordente – fuorché in
“Oceans of Lies”, nell’attacco di
“The Eyes of Time” e in pochi altri momenti –, dove lo scream talvolta diviene un growl molto simile a forme di Death Metal di derivazione moderna estremamente melense. Le orchestrazioni spesso sovrastano chitarre e basso, e si ha di frequente la sensazione di una forte mancanza di collegamento e di coesione tra questi due dinamismi.
Tutto il lavoro è caratterizzato da un’attitudine romantica, tra le più sdolcinate udibili in questo campo, tale da rendere difficile categorizzare il prodotto come inerente alla fiamma nera. Tuttavia, anche volendo prescindere dalla scelta stilistica, e dai gusti personali, è il songwriting stesso ad essere di scarso livello, privo di grinta e di originalità. Vi è anche da aggiungere che alcuni suoni orchestrali, e altre melodie di contorno, talvolta appaiono inseriti quasi casualmente.
Sembra di essere di fronte ad una brutta copia dei peggiori lavori dei
Dimmu Brogir con qualche influsso degli
Arcturus di
"Aspera Hiems Symfonia" (1996) e
"La Masquerade Infernale" (1997), senza ovviamente avvicinarsi minimamente alle altezze degli ultimi nominati.
Qualcuno potrebbe opinare che io non comprenda le sperimentazioni, e forse potrebbe avere ragione, chissà; tuttavia, a mio avviso, se le sperimentazioni risultano estremamente scontate, significa che non si è sperimentato affatto.
In questo LP di Black Metal vi è solo la copertina.
Recensione a cura di
DiX88
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