Mai sentito parlare dei White Boy and the Average Rat Band? No?
Beh, finora nemmeno io … a conferma che non si smette mai d’imparare e conoscere, un altro motivo per cui amo questo bellissimo “mestiere” che spesso mi permette di accrescere la mia “atavica” brama di consapevolezza musicale.
Una considerazione che arriva grazie a questo dischetto pubblicato su etichetta
Roulette Records a nome
Matney, dove il
leader Mike Matney, già agitatore della “misteriosa”
band succitata, viene supportato dall’istrionico chitarrista
Stevie Salas, noto anche come produttore e collaboratore di “gente” come
Justin Timberlake,
Jeff Healey e
Mick Jagger.
In realtà, al di là di consentirmi di ampliare la mia preparazione (piuttosto interessante “
White Boy and the Average Rat Band”, del 1980 … una sorta d’incrocio Judas Priest / Motorhead / Steppenwolf immerso nell’acido …), la “storia” di
Mike non è di grande sostegno alla comprensione e all’analisi di “
The redneck & the red man”, un’opera fondamentalmente consacrata al periodo elettronico e “danzereccio” degli ZZ Top, culminato nel fortunatissimo “
Eliminator”.
Una soluzione espressiva, nonostante il successo, considerata da molti estimatori del trio texano un autentico “tradimento”, e che i nostri ripropongono in maniera spesso parecchio fedele e puntuale.
Ciò detto, e avvisato il lettore della (divisiva) questione, non posso nascondere un certo gradimento nell’ascoltare “
Rebel saint” e “
One way road”, che sembrano
cover degli ZZ Top suonate dai The Black Keys, o “
All fired up”, che invece aggiunge al concetto di
southern synth-etizzato un pizzico di “decadenza”, quasi
Iggy Pop si trovasse a contribuire al progetto.
Ritengo tuttavia potenzialmente più interessanti le graffianti deviazioni di
funk urbano concesse a “
Big daddy” e "
Tomcat”, e anche "
This heart has a ghost”, una sorta di fusione tra Moby e The Sisters of Mercy, e “
Washed in the blood”, con il suo clima lascivo e avvolgente, si segnalano tra i brani migliori del dischetto.
Meno efficaci risultano, infine, le suggestioni cibernetiche di “
All she wrote”, a completamento di una raccolta di canzoni abbastanza piacevoli e intrattenenti, adatte principalmente ad accompagnare i vostri momenti più disimpegnati, dove anche i “duri” si concedono la possibilità di “ballare” con il
rock n’ roll.
Mettiamola così … anche chi, all’interno del variegato popolo
rockofilo, non aveva gradito la svolta “commerciale” della
band di
Billy Gibbons, difficilmente poi cambiava canale se alla radio trasmettevano “
Legs”, “
Sharp dressed man” o “
Gimme all your lovin’” e sono convinto che succederebbe una cosa analoga (fatta salva l’inevitabile differenza di valore artistico) anche qualora qualche pezzo di “
The redneck & the red man” si sostituisse alla mole di paccottiglia
pop n’ trap che ammorba l’etere contemporaneo.
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