I
Vampyric Winter sono un trio black metal spagnolo di cui non ho moltissime notizie, se non che hanno pubblicato due full-length, di cui l’ultimo nel 2023:
“My Last Vampyric Winter Among These Ruins”, e che sono sotto l’ala della
Pile of Heads Productions. Ed è proprio grazie a quest’ultima che sono giunto alla loro conoscenza.
La
Pile of Heads Productions è una piccola casa discografica statunitense impegnata nel promuovere piccole realtà dell’underground black metal. Si occupa prevalentemente di uscite vecchio stile; nel caso dei
Vampyric Winter del formato audiocassetta; mentre per quanto riguarda la versione in CD è stata affidata alla
Culto Obscuro e il vinile alla
Poisonous Sorcery.
Dunque suoni raw, volutamente un po’ confusi e dall’amabile sentore analogico.
Anche recentemente vi ho parlato di una band distribuita dalla Pile of Heads Productions, gli
A Felled Forest.
Il secondo lavoro dei
Vampyric Winter si colloca nel settore del black vampiresco, tuttavia senza elementi sinfonici e fortemente ancorato alla tradizione. Siamo sulla scia di opere come
“Vampyr – Throne of the Beast” (1995) dei
Black Funeral;
“Vampires of Black Imperial Blood” (1995) dei
Mütiilation;
“Seen Through the Veils of Darkness (The Second Spell)”, anch'esso del 1995, dei
Gehenna – pur senza l’uso delle tastiere -; i vari demo e split dei
Vlad Tepes; e in generale si trovano molti riffs e atmosfere mutuati dai primi
Darkthrone.
“My Last Vampyric Winter Among These Ruins” è un platter che ruota nel mio stereo da un po’ e che ho apprezzato molto, poiché riesce ad unire l’anima vampiresca della fiamma nera con le sonorità più devastanti e rozze del black tradizionale, contraddistinto da esecuzioni efferate e al contempo più ricercate di quel che potrebbe apparire a un primo ascolto distratto. Inoltre vi si inserisce un sentimento desolante e depressivo che nell’arco dei minuti diviene quasi palpabile, e che personalmente mi ha ricordato un po’ i primi
Judas Iscariot. Una malinconica disperazione che trova parziale riscatto con una sorta di epicità, andando a creare così un contrasto davvero interessante.
È un ascolto del cuore, adatto ai nostalgici, che tuttavia non si limita a copiare, bensì conferisce una sua propria interpretazione al genere; questo grazie a un songwriting ispirato che lascia poco respiro e giunge sempre diretto al punto, pur non disdegnando melodie di sottofondo ricercate. Da lodare la capacità interpretativa del singer, difficilmente ravvisabile nelle forme di scream così estreme… Inoltre il sound generale di questo album non può non piacere ad un amante dell’old-school .
Fatelo vostro.
Recensione a cura di
DiX88
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