Può sembrare strano parlare di “sottovalutazione” trattando formazioni musicali con diverse decine d’anni di carriera alle spalle, eppure continuo a pensare che ci siano gruppi che, nonostante possano contare su una fedele e irriducibile
fanbase, avrebbero meritato qualcosa di più in fatto di affermazione ad ampio raggio.
I
Demon, giunti a spegnere la loro quarantacinquesima candelina professionale, sono da annoverare (assieme a Magnum e Praying Mantis, per esempio,
band con cui condividono l’origine geografica e anche alcune soluzioni espressive) tra quegli artisti di cui troppo spesso ci si “dimentica”, almeno fino a quando propongono un nuovo
album, difficilmente deludente per chi invece li segue da tempo immemore.
Per quanto riguarda i nostri “ragazzi” dello
Staffordshire, a “complicare” un po’ le cose ha contribuito anche un’apparenza “mefistofelica” che dopo i primi lavori si è gradualmente affievolita, acquisendo altre suggestioni musicali e liriche, considerate una sorta di “tradimento” per i puristi della sezione più caliginosa della
NWOBHM.
Ciò detto, nella speranza (verosimilmente illusoria … ma non si sa mai …) che “
Invincible” possa cambiare questa situazione, non mi rimane che tentare di esporre perché ritengo che il suddetto potrebbe addirittura “rischiare” di ampliare il bacino degli estimatori dei
Demon, magari “costringendo” qualche neofita a riscoprire anche la loro nobile discografia pregressa.
Innanzi tutto, diciamo subito che siamo di fronte ad una dimostrazione di carisma, creatività e talento che raccoglie le peculiarità artistiche di un gruppo che riesce ad essere “classico” senza per questo vivere esclusivamente nel “passato”.
Da consigliare primariamente a chi ama “gente” come Magnum, Uriah Heep, Rainbow e Statetrooper, l’albo non suona però eccessivamente “nostalgico”, neanche quando
Dave Hill sembra consegnarsi a tale sentimento nel malinconico episodio finale del programma denominato “
Forever seventeen”.
L’inossidabile
vocalist è ovviamente il protagonista di tutta la faccenda, e le sue spiccate capacità interpretative sono ancora una volta le fondamenta su cui sono edificati brani come "
Ghost from the past” (sinistra ed evocativa), “
Beyond the darkside” (scattante e seducente), “
Hole in the sky” (cupa ed enfatica) e “
Break the spell” (teatrale e fascinosa), “roba” che mescola innato buongusto compositivo e una robusta dose di vigoria espressiva.
"
Rise up”, poi, è un palpitante frammento sonoro che non manca di
grip sensoriale, mentre la
title-track del disco e “
Cradle to the grave” sono dedicate ai sostenitori delle atmosfere incombenti e perniciose.
Meno efficaci, infine, appaiono la vagamente Queen-
esca "
In my blood”, la “spaziale” “
Breaking the silence” e la melodrammatica “
Face the master”, materiale sonico sempre di buona fattura, zavorrato da appena un pizzico di eccessiva retorica.
I
Demon del 2024 sono credibili, ispirati e integerrimi portavoce di un suono che ha origini “lontane” e al tempo stesso non tenta di ripetere in maniera posticcia quella “storia” con cui ogni veterano della scena deve inevitabilmente confrontarsi e di cui “
Invincible” è semplicemente un nuovo valido capitolo.
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