Questi canadesi guardano con favore alla scena estrema del vecchio continente.
Con codesto terzo album esordiscono per
Prosthetic e c’è da aggiungere che il quartetto della British Columbia sta seguendo il sentiero del prog estremo.
Qui abbiamo ancora permanentemente l’influenza black metal basti sentire l’opener “
Mechanical wolves” con quel riff di chitarra teso e maligno, lo screaming che è acido con dei cambi di tempo che passano da sfuriate a rallentamenti al limite del doom.
La terza traccia è quella che fa ben capire la volontà della band di staccarsi da certi clichè con un sentore degli
Opeth dei tempi belli su cui poggiano voci pulite.
La marcia è cadenzata con chitarre pulite e una melodia malinconica di sottofondo che viene composta da chitarre acustiche fino all’accelerazione finale con un solo melodico.
Con “
Blackout” si rimane nei pressi del prog black metal perché si hanno progressioni e stacchi feroci con controtempi e assoli che richiamano un allure settantiana.
Disco piacevole che ha qualche inciampo nella produzione un po' confusionaria e a mio modesto parere un po' più di pulizia ne avrebbero giovato le composizioni; la strada è quella giusta, avanti così.
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