Se per la recensione del predecente "
Glory for Salvation" del 2021 avevo esordito con un poco rassicurante "
Sinceramente speravo meglio, molto meglio" vuol dire che non c'è da essere troppo allegri, specie se consideriamo che alla luce dei ripetuti ascolti del nuovo lavoro dei
Rhapsody si tratta del migliore dei tre lavori con
Giacomi Voli, escludendo l'interlocutorio "
Legendary Years" che vedeva il giovane singer alle prese col repertorio storico cantato da Lione.
"
Challenge The Wind" esce nuovamente per
AFM Records e non cambia più di tanto la direzione stilistica intrapresa da
Staropoli e
De Micheli, se non per una velocità media leggermente più alta rispetto al recente passato, e per fortuna le iperbombastiche e fin troppo orchestrali composizioni di qualche album fa sono uno sbiadito ricordo, adatte maggiormente a qualche film a tematica fantasy che ad un disco che comunque è heavy metal.
Andando diritti al punto, "Challenge the Wind" è un disco troppo lungo (colpevoli sicuramente gli oltre 16 minuti di una "
Vanquished by Shadows", a tratti affascinante, a tratti soporifera), con pochi highlights e privo di chorus e linee vocali davvero vincenti, con tanti, tantissimi brani non brutti ma inoffensivi come "
Holy Downfall", giusto per citarne una, che ho ascoltato tipo 10 volte di fila e subito dopo non sarei stato in grado di ricantarne il ritornello a memoria ed anche la title track, posta come opener e che a maggior ragione dovrebbe rappresentare la forza e la fierezza di un disco, passa via liscia senza lasciare segni tangibili.
In questo senso i brani migliori risultano "
Kreel's Magic Staff", nettamente la migliore del disco, "
Whispers of Doom" e "
The Bloody Pariah" ma insomma - specie per quest'ultima - non è che ci sia da strapparsi i capelli.
Purtroppo, e mi duole insistere sull'argomento, per quanto sia un ottimo cantante, la voce di Voli è uno dei punti chiave degli attuali Rhapsody. Ineccepibile tecnicamente, grandi doti, ma a livello di grinta, di furore, di pathos... con tutto il bene non riesco a percepire le stesse vibrazioni di un tempo, più convincente su brani meno tirati e su tonalità medio basse, quasi inoffensivo seppur impeccabile quando c'è da ruggire o quando si sale di tonalità: "
Diamond Claws", in questo, ne è esempio fulgido.
Tutto rimane troppo "leggero" ed arioso su dei brani che, come detto, già di loro non posseggono la necessaria spinta.
Questo è e questo sarà per sempre, alla faccia mia e del mio amore per i Rhapsody che in ogni caso continuerò ad ascoltare dato che sono una band che amo e con la quale sono cresciuto.
Dare meno di 6 a questo disco, tra caratura dei musicisti, livello tecnico, produzione (seppure non di mio gradimento), concept, arrangiamenti e tutto il resto è francamente difficile, anzi impossibile ma non vi nascondo che più di una volta mi sono trovato a guardare il timing delle tracce e dell'intero cd o a distrarmi con lo sguardo intorno alla stanza in cerca di...boh.
In cerca di qualcosa che non ho trovato ascoltando "Challenge The Wind".
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