Gli
Azaghal sono una Black Metal band finlandese formatasi nel 1995, inizialmente con il nome
Belfegor - poi cambiato perché già appartenente a un'altra band austriaca -, per volontà del chitarrista
Narqath, figura di rilievo del panorama finnico - il quale darà vita pochi anni dopo anche agli
Wyrd -, e dall’ex batterista
Kalma.
Insieme a
Behexen,
Sargeist,
Horna,
Satanic Warmaster,
Barathrum, ecc.ecc., gli
Azaghal sono tra i principali pionieri della seconda generazione del Black finlandese; ovvero coloro che hanno portato avanti l'arte oscura in Finlandia dopo i capostipiti
Beherit,
Impaled Nazarene e
Belial.
Gli
Azaghal, dopo tre demo nel 1998, esordiscono con il primo lavoro lungo nel 1999:
“Mustamaa”, sotto l’egida della
At War Records. Qui sfoggiano un Black Metal molto grezzo e dai suoni raw, con buona alternanza tra momenti veloci e cadenzati di chiara ispirazione
Darkthrone e
Immortal degli albori, a cui si aggiungono retaggi di
Mütiilation e
Judas Iscariot. Saltuariamente possiamo trovare anche qualche momento con parvenze di clean vocals stile primi
Enslaved, o comunque non propriamente in scream, che donano al prodotto un alone mistico (dove aleggia lo spettro di
Burzum) che ben si amalgama all’essenzialità e all’intransigenza sonora dell’album; sancendo così la nascita di una delle opere più intense del panorama finlandese.
Il seguente
“Helvetin yhdeksän piiriä”, sempre del 1999, mostrerà invece una maggiore maturità da parte degli
Azaghal, configurandosi, procedendo per sommi capi, come un LP con meno variabili del predecessore, e con una produzione più nitida; tuttavia, a mio avviso, a discapito di parte di quella magia e, tutto sommato, originalità, che aveva contraddistinto il debut album. In ogni caso sarà anch'esso un ottimo full-lenght.
“Mustamaa” sfodera un Black Metal feroce, spontaneo e pieno di amore per questo genere, come ormai, purtroppo, non se ne sentono più. Indubbiamente tra i migliori del suo anno, e della discografia degli
Azaghal; collocabile un gradino sotto solo al più estroso
"Codex Antitheus" del 2005.
Intransigenza, misticismo e furia iconoclasta.
Recensione a cura di
DiX88
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