E così il viaggio giunge al termine … dopo "
Canto III" e "
Emperor Of Hell - Canto XXXIV", "
Darkness, the light", conclude la trilogia dedicata dagli
In Aevum Agere a quella “
Divina Commedia”, amata, odiata, declamata da fini intellettuali e attori celebri, e di sicuro da considerare una delle fondamentali pietre miliari della letteratura italica.
Una scelta “rischiosa”, dunque, che nelle sapienti “mani” della
band partenopea è diventata una straordinaria guida per le visioni interiori evocate dall’
epic-power-doom che propongono con fierezza, talento e straordinaria ispirazione già da “qualche” tempo.
Uno stile musicale di per sé anch’esso piuttosto problematico, edificato sull’inesauribile e affidabilissimo verbo Sabbath-
iano (in questo caso colto, in particolare, nella sua declinazione maggiormente epica … con i Candlemass da aggiungere in via prioritaria all’elenco dei loro discepoli più qualificati …) ma in cui, come ho già affermato in passato, passare da un suggestivo clima “mortifero” ad un decisamente meno palpitante contesto “soporifero”, è davvero facile.
Bruno Masulli,
Marcello D'Anna e
Michele Coppola, scongiurano il pericolo e non potranno mai essere tacciati di aderire passivamente alle nobili convenzioni del settore, sfruttando in maniera superficiale la ricca narrativa allegorica del poema
Dantesco per eccellenza, in una sorta di cupo
bric-à-brac di luoghi, personaggi, suoni e situazioni.
Forte di una preparazione e di una cultura ragguardevoli, il trio napoletano espone la “sua” versione dei fatti con vivace esuberanza
metallica e grande attenzione agli assetti melodici, approccio evidente anche quando i suoni, vedasi la traccia d’apertura “
Kerberos”, si dipanano sull’impatto monolitico e compresso delle ritmiche, accompagnati da un cantato tanto perfido quanto evocativo.
Il
refrain di “
The harpies and the suicides”, inciso a fuoco sul piombo delle sue strutture armoniche, possiede un magnetismo emotivo impossibile da trascurare, così come la maestosa tensione oscura prodotta da “
Antenora” finisce di diritto per caratterizzare uno dei pezzi “forti” della raccolta.
Difficile, in realtà, trovare debolezze in "
Darkness, the light", e se “
Phlegyas”, pur nel suo fascinoso tocco “cinematografico”, appare leggermente meno efficace, la
title-track dell’opera cattura i sensi grazie ad un’intensa carica espressiva, abilmente impastata con inventiva e scampoli di manifesta perizia esecutiva, gli stessi che ritroviamo nello strumentale “
Ad finem”.
La capacità di rendere coinvolgenti brani eretti su insegnamenti consolidati emerge nuovamente molto netta in “
Itinerarium mentis in deum” e “
The descent”, per poi sublimarsi senza possibilità d’appello nella conclusiva “
The mountain of purgatory”, un rosario
doom-esque sgranato attraverso quella rara forma di
pathos tragico e solenne che distingue gli eletti dall’indistinta “massa” dei frequentatori del settore.
Completiamo la disamina segnalando il pregevole
artwork dell’albo ed attendendo con “ansia” i prossimi passi artistici degli
In Aevum Agere, chiamati, dopo aver attraversato con grande saggezza le inquietudini della “selva oscura”, ad un’altra “sfida” impegnativa … trovare nuovi spunti ispirativi all’altezza della situazione, allo scopo di proseguire nella produttiva esplorazione di un genere di cui sono autorevolissimi interpreti.