Gli
Hyperdontia, progetto turco/polacco/danese, giungono al traguardo del loro quarto full-length:
"Harvest of Malevolence", rilasciato sotto l'egida della
Dark Descent Records.
Sono sincero, ho dovuto ascoltare più e più volte
"Harvest of Malevolence" prima di riuscire ad entrarci dentro.
Dato che in linea di massima li ritengo un'ottima band - anche se a mio avviso con il precedente
"Hideous Entity" (2021) si notava un certo calo di ispirazione rispetto a
"Nexus of Teeth" (2018) - ho deciso di insistere ed alla fine i numerosi ascolti hanno ripagato lo sforzo; poiché il terzo capitolo degli
Hyperdontia si è rivelato un ottimo disco di Death Metal vecchia guardia.
Difficile dire quale sia l'influenza principale di questo gruppo, dato che si avvertono vari influssi provenienti sia dal Death europeo che da quello a stelle e strisce.
Ci troviamo di fronte a poco meno di quaranta minuti di assalti sonori molto intricati, che restano di frequente sulla linea di confine con il Brutal, senza tuttavia mai sconfinarvi definitivamente; e questo lo sì può intendere primariamente dal grado di inintelligibilità che non supera mai i livelli di guardia. Un Death Metal dal sound corposo dove il basso spesso si smarca dagli altri strumenti; e il quale, anche quando procede all'unisono con le chitarre, sempre prende parte a tutto un complesso gioco di armonizzazioni dissonanti davvero pregevoli.
Gli
Hyperdontia alternano frangenti estremamente veloci, dove emerge con forza una certa matrice Thrash figlia degli
Slayer, a parti più cadenzate e schiacciasassi che talvolta richiamano a
Incantation e
Immolation. Si tratta di strutture complesse e intricate in cui si ricavano spazio solos melodici di livello qualitativo altissimo.
Il sound generale della proposta richiama un po' a band come
Bolt Thrower e
Morbid Angel della fase
"Covenant"/"Domination" ('93/'95), giusto per darvi una dritta.
Adesso vorrei invece nuovamente focalizzarmi su quel che riguarda i rallentamenti, e in particolar modo menzionare
"Defame Flesh", dove realmente questi quattro ragazzi si dimostrano dei maestri. Qui condensano ritmi thrashy nelle parti più veloci, declinati con la durezza del metallo della morte, a frangenti lenti, con un uso delle dissonanze che crea armonie squisite e raffinate le quali si esprimono tramite un uso originale dei tritoni, fino ad approdare a momenti quasi atmosferici risultanti da un guitarwork che diviene estremamente scarno (per il genere); e in seguito saggiamente spezzati dal ritorno della tipica irruenza iconoclasta del Death Metal.
"Harvest of Malevolence" è un LP vecchia maniera composto da veri professionisti e riadattato con una produzione da manuale; che tuttavia risulta adeguato solo agli orecchi con più esperienza in ambito estremo. Questo poiché la sua complessità e l'assenza di dinamiche spiccatamente catchy ne rende un pelo più indigesta l'assimilazione.
Recensione a cura di
DiX88
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