I thrasher statunitensi
Blood Feast, attivi dal lontano 1986, rilasciarono due discreti album negli anni 80', per la precisione
"Kill for Pleasure" (1987) e
"Chopping Block Blues" (1989). A causa dell'essere andati incontro a vari scioglimenti e reunion riuscirono a dare alle stampe il loro terzo lavoro soltanto nel 2017:
"The Future State of Wicked".
Si ripresentano oggi – con il solo
Adam Tranquilli come membro originario –, a distanza di circa sette anni, con il suo successore:
"Infinite Evolution", rilasciato sotto il patrocinio della
Hells Headbangers Records.
Sembra proprio di avere a che fare con un disco situabile in una dimensione parallela, dove il tempo si è arrestato al Thrash Metal degli anni '80, sia a livello compositivo che per quel che riguarda il sound, risultando quanto di più tradizionale e '80's si possa reperire al giorno d'oggi. La produzione ricalca pedissequamente quella delle origini, comprese alcune imperfezioni, e la prima sensazione che se ne ha è quella di una modernità mai pervenuta alla band. Una modernità bombastica ed eccessivamente compressa che a mio avviso ha guastato il Thrash (e nono solo), uniformando le differenze tra le varie formazioni, oltre ad aver conferito un alone di finzione spesso sgradevole e fastidioso.
I
Blood Feast si richiamano a quel modo di suonare – a cui in ogni caso, seppur non a idearlo, hanno contribuito quantomeno a rafforzarlo in quelli che erano i suoi anni d'oro – tipico di quelle formazioni che ibridavano il genere con l'Hardcore. Dunque possiamo rilevare forti similitudini con l'attitudine dei primi due album dei
Corrosion Conformity, o di realtà come
D.R.I.,
Suicidal Tendencies,
Nuclear Assault, ecc.ecc.
Dove comunque sia non mancano influssi provenienti dalla Bay Area (in particolar modo mi vengono a mente gli
Exodus di
Baloff). E basti questo per lasciare intendere le strutture di base e il peculiare tipo di suono che caratterizza
"Infinite Evolution".
L'album nei suoi 40 minuti è strutturato prevalentemente su assalti frontali aggressivi, con qualche picco di eccentricità a tratti ironica, come era tipico di quel substrato underground più vicino allo spirito Punk, e nell'insieme si ascolta piuttosto piacevolmente. Il difetto principale, altresì, è rappresentato dall'incapacità di sorprendere; non solo perché ancorato alla tradizione, che a mio avviso è cosa gradita, bensì per l'incapacità di inserire una serie di hooks strategici in grado di entusiasmare: di far innamorare l'ascoltatore del prodotto.
In ogni caso, affermo nuovamente che l'ascolto è discretamente gradevole, regalando inoltre le sue piccole soddisfazioni… Soprattutto per la capacità del gruppo di riproporre alla perfezione un sound, dotato di un certo sentore di urgenza estremamente genuina, che è sempre più difficile da ravvisarsi, al giorno d'oggi, in forma pura e non edulcorata da mode o orpelli volti a compiacere chicchessia.
Un LP da prendere con leggerezza, come è di consuetudine con le avventure estive…
Recensione a cura di
DiX88
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