Copertina 6

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2024
Durata:49 min.
Etichetta:Rockshots Records

Tracklist

  1. AURUM REGIUM
  2. FEEL THE FIRE
  3. NOT ALONE
  4. RISE OF THE PHOENIX
  5. THE HARP
  6. AFTERGLOW
  7. HEAD UP HIGH
  8. CONCEPTION
  9. RUNNER
  10. BREAKING SILENCE

Line up

  • Thiago Baumgarten: bass
  • Davi Britto: drums
  • Diego Pires: guitars
  • Lucas Barnery: guitars, guitars (acoustic)
  • Lucas de Ouro: vocals

Voto medio utenti

Tanta buona volontà, doti tecniche di tutto rispetto, che si concretizzano mediante assoli e passaggi chitarristici degni di nota (del resto, il chitarrista Diego Pires è appena entrato a far parte nella line-up dei gloriosi Warlord, mica “pizza e fichi”), melodie (a tratti) convincenti, ma purtroppo, anche poca personalità che, alla lunga, finisce per catalizzare l'attenzione e penalizzare oltremodo questo lavoro.

Sto parlando di The Harp, l’esordio discografico degli Auro Control, brasiliani provenienti da Salvador (Bahia), uscito per la Rockshots Records.
Ineccepibili le prestazioni e le qualità dei singoli musicisti che si riveleranno il vero e proprio punto di forza del disco; detto già di Pires, della formazione fanno parte anche il bassista Thiago Baumgarten (già negli Hibria e turnista con Kiko Loureiro), il secondo chitarrista Lucas Barnery, il batterista Davi Britto e il bravo vocalist Lucas De Ouro.

Probabilmente gli Auro Control, nelle loro intenzioni, vorrebbero proporre un prog-power in salsa brasiliana fresco e ispirato e, a fasi alterne, danno luogo anche a buoni spunti, tuttavia, a conti fatti, The Harp, è un lavoro che sembra rimanere prigioniero delle sue stesse origini, dalle quali la band giustamente cerca di attingere a piene mani, senza però metterci del suo, risultando cosi eccessivamente derivativo.
Dunque può capitare molto spesso, durante le varie tracce, per quanto queste ultime possano anche essere gradevoli, di avere quella fastidiosa sensazione di “già sentito” e, anziché essere al cospetto di una band esordiente, si ha la forte impressione di ascoltare formazioni connazionali già affermate, quali gli Almah, i Noturnall, gli stessi Hibria, o addirittura gli Angra della cosiddetta “Era Falaschi” (abbastanza palesi i “richiami” in Rise Of The Phoenix in cui, non a caso, compare come special guest Aquiles Priester alla batteria, o nella conclusiva Breaking The Silence), mentre brani come Not Alone e Afterglow, per stile ed aggressività, “sconfinano” nei Symphony X più “recenti” (ammesso che tale termine si possa utilizzare, visto che l’ultimo disco di Romeo e soci risale al 2015!)

E’ un vero peccato che una band cosi preparata tecnicamente e con tali potenzialità, mostri queste carenze creative e compositive che finiscono per svilire un lavoro non privo di momenti positivi, ma che avrebbe potuto essere nettamente più brillante, invece di guadagnarsi semplicemente una sufficienza striminzita e nemmeno troppo convinta.
Va benissimo attingere dalla tradizione, ci mancherebbe altro; ma se tali influenze non vengono poi reinterpretate secondo la propria personale concezione musicale, ci si limita ad un pericoloso e prevedibilissimo “copia-incolla” destinato a non lasciare alcun segno.


Recensione a cura di Ettore Familiari

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