Se parliamo di carriere trabbalanti, beh i tedeschi
Voice sicuramente devono rientrare nel discorso. Formatisi inizialmente nel 1988, debuttano otto anni dopo con album dal piglio power metal influenzato da gruppi classici del genere, come i Rage, dai quali prenderanno in prestito l'utilizzo di tastiere qua e là nelle varie canzoni, in maniera meno preponderante se si paragona al periodo 96' - 2001' di Peavy e soci, ma comunque attivo, e ad altri come Brainstorm, se parliamo invece di un sound basato principalmente sull'incisività del riffing e di strutture melodiche nei ritornelli molto simili. Dopo alcuni album, segue un periodo di pausa nel 2003, al seguito della pubblicazione di 'Stormhunters' dove la band va in pausa, mai sciogliendosi ufficialmente, per poi ritornare prima come cover band, e poi ufficialmente solo nel 2017 con 'The Storm'. Ancora silenzio per altri sei anni, e solo ora nel 2024 abbiamo un successore di quell'album, questo qui presente
'Holy Or Damned', con una copertina un po' Angels Cry', un po' The Savage Poetry' e un po' Stratovarius.
Questa nuova release può a conti fatti anche essere definita come una sorta di unicum nella carriera dei tedeschi, essendo anche il loro lavoro più lungo finora, dato che i precedenti non avevano mai superato l'ora complessiva di durata, e dove il pezzo meno lungo dura poco meno di cinque minuti. E andando a mischiare il power metal con parti sinfoniche, sappiamo bene come il rischio di sprofondare molto velocemente nella noia sia veloce. Ciò fortunatamente non accade molto spesso su
'Holy or Damned', e per quanto le parti più prolisse ci siano, come la semiballad
'Tears in the Dust', veramente bella e sentita nei primi minuti, poi quando subentrano le chitarre a metà quella sensazione di allungamento non richiesto diventa realtà, complessivamente il risultato finale lascia soddisfatti. Senza dubbio da citare le ottime
'Nevermore' o
'Let's Go Ahead', dai ritornelli non originali, ma funzionali e perfetti per essere cantati sotto il palco, grazie anche a, come detto sopra, a un lavoro di chitarra nei riff veramente magistrale. Per quanto riguarda le tastiere, ad opera di
Thommy Neuhierl, non sono mai invasive, e vanno a creare ad esempio in
'Chatroom Whispering' un leggero tappeto che va ad accompagnare gli altri strumenti, mai sovrastandoli o prendendo troppo spazio. Certo, cè poi
'In The World' che passa senza ferire, abbastanza anonima, e un paio di sforbiciate qua e là ad alcuni pezzi non avrebbe fatto male, ben sette minuti alla conclusiva
'Petrified Dreams' è esagerato per dirne un paio, ma non parliamo di un disco che, complessivamente, mi sento di bocciare, contando che i lati positivi superano quelli negativi.
Un altra ottima release per i
Voice che, sperando non facciano passare ancora così tanti anni da nuova musica, magari con la pubblicazione di un EP o di un singolo ogni tanto, confermano la loro forte voglia di mettersi ancora in gioco.
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