Copertina 8

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2024
Durata:37 min.
Etichetta:Napalm Records

Tracklist

  1. BLESS 'EM WITH THE BLADE
  2. SINNERS OF THE SEVEN SEAS
  3. KYRIE KLITOREM
  4. HERETIC HUNTERS
  5. 1589
  6. VIVA VULGATA
  7. WAKE UP THE WICKED
  8. JOAN OF ARC
  9. THUNDERPRIEST
  10. WE DON'T WANNA BE NO SAINTS
  11. VARGAMOR

Line up

  • Attila Dorn: vocals
  • Charles Greywolf: bass, guitars
  • Matthew Greywolf: guitars
  • Falk Maria Schlegel: keyboards, organ
  • Roel van Helden: drums

Voto medio utenti

Pronti per andare in vacanza? Bene, questo fine luglio ci propone un sacco di variegate e interessanti uscite che potranno accompagnarci durante gli spostamenti verso i luoghi di villeggiatura.
Tra queste si segnala sicuramente il nono studio album dei Powerwolf, band per la quale ho una certa - e dichiarata - predilezione, e che da "Preachers of the Night" in avanti non ha sbagliato un'uscita.

"Wake up the Wicked" ne è l'ennesima dimostrazione, un disco che riprende da dove ci aveva lasciato "Call of the Wild" (che a sua volta ripartiva da "The Sacrament of Sin" e così via a ritroso...) e dove la formazione tedesca (per quanto in realtà il batterista Roel van Helden sia olandese) ripropone la sua Heavy Metal Mass, fatta di: Teutonic Power Metal, organi grandiosi e orchestrazioni bombastiche, cantato altisonante, una bella spazzolata di versi in latino, chorus accattivanti e pacchianerie assortite [cit.], con il solito mix di testi dissacranti che toccano la religione (talvolta al limite della blasfemia), l'appartenenza e la fratellanza Metal, storie di lupi mannari e mostri assortiti o temi storici e spesso lo fanno con un pizzico di spregiudicata trivialità.

Cosa ci offrono quindi di nuovo?
Beh... undici canzoni che ci terranno non solo compagnia nell'ascolto di "Wake up the Wicked", diverse della quali immagino che ritroveremo anche nella loro setlist, nell'imminente tour a supporto del nuovo album che partirà da fine agosto negli States e che li porterà anche in Italia ad ottobre.

Ma qui la partenza è data da "Bless 'em With the Blade", classico brano alla Powerwolf, incalzante e dalle insistite soluzioni corali, che poi caratterizzano anche le seguenti "Sinners of the Seven Seas", con le sue orchestrazioni affascinanti, e l'ammiccante "Kyrie Klitorem" (avete presente "Coleus Sanctus"? Bene, questa è la sua controparte femminile), per un'accoppiata che viaggia spedita e più lineare dell'opener, due episodi che si reggono soprattutto sul cantato di Attila Dorn, maestro di cerimonia dell'immaginario della band. Sorprendono poi gli inserti folkeggianti sulla saltellante "Heretic Hunters", certo non una novità per i Powerwolf, ma comunque una situazione meno sfruttata di altre, alle quali si rifanno invece quelle che ci introducono a "1589" (anno in cui venne giustiziato Peter Stumpp, serial killer ante litteram conosciuto come "the Werewolf of Bedburg"): note di pianoforte, qualche ululato e il cantato profondo di Dorn che viene presto doppiato dai cori e con quel breve passaggio di chitarra che richiama più di un momento del loro passato repertorio, un brano che ritroveremo sicuramente nella scaletta dei prossimi concerti, come forse anche l'accattivante e ariosa "Viva Vulgata" dove si ha quasi la sensazione che i Powerwolf si siano persuasi di essere biondi e svedesi e di poter fare un pezzo alla Eclipse.
Tocca quindi a "Wake up the Wicked", che conferma di meritarsi il ruolo della titletrack, vivace, anthemica, ben introdotta dai tasti di Falk Maria Schlegel e con un bell'assolo di Matthew Greywolf, per poi tornare (stavolta per davvero...) a guardare alla Svezia con una "Joan of Arc" (un onesto omaggio alla Pulzella d'Orléans) che ha molto dei Sabaton.
Nonostante il titolo che gli hanno affibbiato "Thunderpriest" non si rifà ai Judas Priest, ma si segnala comunque come la canzone più veloce del disco, mentre non riesco nemmeno ad immaginare il terrore che hanno provato quei fanciulli, che si sentono all'inizio e nel corso di "We Don't Wanna Be No Saints", nel momento in cui sono entrati nello studio di registrazione con i Powerwolf, tuttavia non credo che siano stati sacrificati all'altare di quello che è anche uno degli episodi più riusciti del lotto.
La chiusura di un disco è stata spesso destinata dai Powerwolf ai momenti più drammatici, gotici ed evocativi, stavolta tratteggiati da una più che discreta "Vargamor", che comunque non arriva ai livelli di "Last of the Living Dead" o dell'inarrivabile "Let There Be Night".

Ennesima conferma da parte dei Powerwolf. Nel bene e nel male.

We are but children of the powers she had set free
Strange are the ways of the wolfhearted...





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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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