Amate lo swedish power melodico a tinte neoclassiche?
Siete degli inguaribili nostalgici di
Narnia,
Evil Masquerade,
Golden Resurrection,
ReinXeed o, in tempi più recenti,
Majestica e
Flames Of Fire?
Bene, in tal caso, i
Mad Hatter, fanno sicuramente per voi!
La band è composta per 3/4 da membri dei
Morning Dwell (altro indizio circa la direzione stilistica intrapresa dai Nostri), ovvero
Petter Hjerpe (anche negli stessi Majestica) alla voce,
Samuel Olsson alle tastiere e
Alfred Fridhagen alla batteria; a completare la line-up ci pensa poi il bravo chitarrista
Peter Larsson.
Oneironautics, uscito per la
Art Gates Records, é la terza fatica discografica della band scandinava e si presenta come il classico album in cui sostanza e melodia cercano di andare a braccetto, senza pestarsi i piedi e, tutto sommato, le due sfere riescono a convivere in maniera armonica all’interno del disco, con brani inevitabilmente più riusciti di altri (su tutti, la opener
Lord Of Dragons,
I Find My Way oppure
Temple Of Time).
Atmosfere coinvolgenti, a tratti oniriche e teatrali (
The Witch Of Blue Hill,
Lost In Wonder), buona tecnica e musicisti validi, sia in fase compositiva, che esecutiva, sono i punti di forza di un disco, che però, alla lunga, non riesce mai ad affondare veramente il colpo, rimanendo impantanato in una sorta di timore reverenziale all’interno di un genere che oggi può vantare già tanti capolavori, troppi dischi che potremmo definire (per lo meno) stupendi ed altrettanti ottimi!
Un vero peccato!
Anche perché, ad ogni modo, i
Mad Hatter, nonostante questa timidezza, sanno comunque il fatto loro e costruiscono un album onesto, che scorre piacevolmente e dalle trame musicali decisamente indovinate, a cavallo tra lo stile delle bands connazionali citate precedentemente e richiami sparsi a
Edguy e
Sonata Arctica che furono.
Oneironautics è un lavoro che avrebbe meritato miglior sorte, se solo si fosse osato maggiormente; avrebbe potuto (e dovuto) essere ancora più convincente ed incisivo, invece di rimanere incatenato alle proprie soggezioni e al classico irritante leitmotiv “vorrei, ma non posso”.
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