Talvolta capita, proprio quando non te lo aspetteresti, di imbattersi in un disco di old-school Death Metal con gli attributi.
Sono sincero, conoscevo gli statunitensi
Ripped to Shreds solamente perchè qualche anno fa mi capitò di leggere una recensione positiva su una nota testata internazionale, tuttavia non mi soffermai troppo ad approfondire, ma ascoltai giusto qualche brano di passaggio sul tubo ricavandone un'impressione piacevole e niente più.
Dopo che invece qualche giorno fa mi è stato inviato il promo del loro ultimo album,
"Sanshi" (
Relapse Records), sono rimasto realmente impressionato e sono corso a recuperare tutta la discografia.
"Sanshi" è un LP di Death Metal vecchia scuola che riesce nell'impresa di riproporre i vecchi stilemi più intransigenti, miscelandoli lievemente con correnti ancora più classiche – che a breve specificheremo –, e al contempo a risultare attuale.
Un lavoro che incorpora al suo interno la veemenza del Death Metal furioso e denso di blast beats, senza tuttavia esasperarne né la velocità né la tecnica, al contrario, ponendo sempre una forte attenzione al groove e all'orecchiabilità. Si possono rinvenire frequentemente influenze Thrash, talvolta imbastardite con lo Speed, vari echi Heavy dal mood '80's, come per esempio in
"Into the Court of Yanluowang", la quale presenta, in alcuni passaggi, perfino melodie oscure dai tratti quasi epici che lasciano davvero stupiti; oppure possiamo rinvenirle nel riffing slayeriano di
"Force Fed".
Come già accennato, tutto il disco è contraddistinto da un'attitudine catchy, per buona parte merito anche delle linee vocali di
Andrew Lee, il quale alterna growl e scream, somigliando in alcuni punti a voci come
Tardy e
van Drunen, passando inoltre sui registri più urlati di tipo Grind/Goregrind. Componente, quest'ultima menzionata, che a volte diviene preponderante (
"Cultivating Towards Ascension") andando mischiarsi nuovamente con aperture Heavy nel rifferama e nei solos, ricordando un po', in taluni momenti, i
Carcass più melodici, o realtà leggermente più recenti come gli
Exhumed. Tale sfumatura, che ben si amalgama con il sound più tradizionale e brutale del genere – rimandando, tra i vari, anche ai
Monstrosity –, grazie all'apporto di quel tipico senso di urgenza, unito a rallentamenti corposi contraddistinti da armonizzazioni più raffinate (
"Feast of the Deceased"), e tal altre a passaggi più immediati – dove in questi due fattori è da ravvisarsi l'eredità di
Autopsy e
Obituary –, conferisce alla musica degli statunitensi una dinamicità di insieme in grado di rendere avvincente l'ascolto durante tutta la sua durata.
"Sanshi" è un prodotto capace di coniugare vittoriosamente "classicità" e freschezza sonora/compositiva, come ormai raramente avviene nelle proposte più ortodosse della medesima tipologia.
A mio giudizio una delle migliori release puramente Death Metal dell'anno.
Recensione a cura di
DiX88
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?