Prosegue disinvolta e inesorabile la crescita artistica degli
Unto Others, passati con questo “
Never, neverland” sotto la tutela discografica della
Century Media.
Un’acquisizione senz’altro importante, dacché la maturazione stilistico / compositiva degli americani li ha condotti a rendere ancora più variegata la loro proposta musicale, enfatizzando sia gli aspetti maggiormente impetuosi e sia quelli in grado di sottoporre la
band all’attenzione di platee meno “specialistiche”.
Rimaste intatte la creatività e l’abilità nel mescolare linguaggi sonori di natura
new-wave,
heavy metal e
punk con innato buongusto, l’impressione è che oggi l’ispirazione abbia in qualche modo ampliato i suoi tenebrosi confini, accentuando altresì, in svariate occasioni, il contributo offerto da The Cure, The Smiths e The Mission (alla maniera dei Desire … qualcuno si ricorda di loro?), profeti di quella tipologia di
rock gotico/decadente non privo di velleità “commerciali”.
L’atto d’apertura, “
Butterfly”, in realtà, appare più che altro una potente celebrazione dei The Sisters of Mercy e anche “
Momma likes the door closed” sorprende per l’intrigante furia
punk/metal (qualcosa tra Misfits ed Exodus), ma quando arriva “
Angel of the night” si percepisce invece quanto gli
Unto Others abbiano affinato la loro capacità di ammaliare l’astante attraverso un ardore crepuscolare altamente immediato e orecchiabile, e tuttavia mai lezioso.
“
Suicide today” combina in modo brillante Ramones (l’albo è altresì disponibile in una versione contenente la celebre “
Pet sematary” come
bonus-track) e The Mission, mentre “
Sunshine” onora il suo titolo con un raggio di sole che fende le tenebre in maniera tanto “imprevista” quanto fascinosa.
Un breve intermezzo esclusivamente musicale, denominato “
Glass slippers”, introduce la delizia cavernosa e magnetica “
Fame”, seguita dalla sepolcrale e glaciale “
When the kids get caught” e da una “
Flatline” che potrebbe finire per piacere persino ai
fans dei Celtic Frost.
“
Time goes on” e lo strumentale "
Hoops“ (un po’ Ghost-
iano) aggiungono i B.O.C. (molto amati di questi tempi …) all’elenco dei numi tutelari del gruppo, e se l’affabilità vagamente esotica di “
Cold world” potrebbe tranquillamente trovare posto nelle programmazioni radiofoniche dei
network “che contano”, adatte allo scopo appaiono pure “
I am the light” e la
title-track dell’opera, in cui affiorano brandelli delle melodie
pop,
noir e salmodianti di
Morrissey e
Johnny Marr.
Con un convinto apprezzamento per l’impeto evocativo di “
Raigeki”, si esauriscono le fugaci note sui ricchi contenuti di “
Never, neverland”, un disco che piace e convince per come sa essere mutevole, intenso e molto accattivante, pur senza eccedere nella ricerca “esasperata” del consenso, un obiettivo a cui gli
Unto Others ambiscono sviluppando un percorso espressivo fatto di classe, talento e intelligenza.
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