Quando ho deciso di trattare la nuova fatica degli svedesi mi sono chiesto se non mi fossi ficcato volutamente in un ginepraio.
Perchè da fan posseggo tutti gli album e pur comprendendo la scelta di
Åkerfeldt e soci di abbracciare in toto la filosofia prog hanno pubblicato a mio modesto parere dischi dalla qualità altalenante post “
Watershed” dove sembrava che affermassero al mondo di saper fare progressive rock.
A livello musicale i dischi concepiti in questa seconda stagione erano formalmente perfetti ma grattando grattando la montagna aveva partorito il classico topolino.
Perciò evitavo con sospetto i facili entusiasmi riscontrati sul web dopo l’ascolto del primo singolo (io non ascolto mai i singoli) di questa nuova fatica perché era tornato il growl, come ho evitato come sempre i video di reazioni che sembrano sempre false come le tette delle pornostar oppure gli youtubers autori di questi “contenuti” sembrano sforzarsi come se stessero sul water in attesa di liberarsi.
Ecco, dopo averlo ascoltato, riascoltato più volte, questo quattordicesimo album mi ha fatto accendere un sorriso; per due motivi; questo nuovo concept album mi ha riconsegnato gli
Opeth, dove la musica genera un’emozione; in seconda battuta il filo rosso che si dipana in queste tracce senza titolo tranne la conclusiva sono composte da grande progressive rock e metal in egual misura dove il frontman riesce ad trovare un equilibrio tra parti più dure e sezioni invece dove il profumo seventies è palpabile e questo è il secondo motivo.
Qui ho avuto delle sensazioni che mi hanno portato con la mente al bel disco del 2005 “
Ghost Reveries” per gusto e durezza, ma soprattutto c’è un recupero dell’oscurità che pervade l’intero lavoro.
Il growl è dosato a dovere dove serve in armonia con le parti pulite; gli ospiti di pregio come
Joey Tempest ai cori e il grande
Ian Anderson che fa da voce narrante e contribuisce col suo inconfondibile flauto traverso in alcuni frangenti impreziosiscono il tutto.
Davvero, mi hanno spiazzato e stupito, anche se qualche segno me lo aveva suggerito il precedente album, qui ne ho la piena conferma.
Finalmente posso dirlo, questo è forse il miglior album della seconda vita degli scandinavi, ormai chiusa la parte death metal della loro carriera per sempre ora i nostri hanno finalmente trovato la quadra con questo "
TLWAT"; sarà uno degli album che andranno nella mia personale Top Ten di fine 2024? Vedremo….
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