Avete presente quei dischi, talmente intensi e introspettivi, che vi fanno venire voglia di piangere?
Bene,
Kinship, secondo album degli
Iotunn, uscito per
Metal Blade Records, è uno di questi!
Il combo danese, rispetto all’ottimo esordio,
Access All Worlds (un lavoro che riuscì addirittura infiammare il cuore tenebroso ed occulto del nostro inimitabile Frank), ha mantenuto invariata, sia la line-up, che il proprio stile compositivo, estremamente complesso da definire, o da inserire all’interno di un determinato sottogenere; una sorta di prog-power, dalle tinte decisamente oscure e malinconiche (in stile
Nevermore/
Sanctuary, per intenderci), che talvolta, nelle parti più drammatiche e violente, sfocia in un melodic death, dalla connotazione sempre molto intima.
Il lavoro delle chitarre di
Jesper Gräs e
Jens Nicolai Gräs (fratelli?) è di fondamentale importanza nella costruzione di atmosfere cosi profonde; la loro indole, talvolta aggressiva, talaltra elegante (“
sta chitara pò esse piuma, o pò esse fero” citazione, riadattata per l’occasione, dell’indimenticabile Mario Brega), determina il clima della composizione.
La sezione ritmica, curata da
Eskil Rask (basso) e
Bjørn Wind Andersen (batteria) va di pari passo, alternando tempi dispari, ad altri più regolari e regalando spesso improvvise accelerazioni che culminano, con partiture a doppia cassa, mentre il timbro di
Jon Aldarà spazia dal growl, nelle parti più aggressive dei brani, alla voce pulita alta e graffiante, fino a diventare calda e commovente, regalando sprazzi di romanticismo puro, come avviene nella ballata
Iredescent Way.
Ma effettivamente, il punto di forza della musica degli
Iotunn, sta proprio nell’enorme intensità emotiva di cui è intrisa e che, a sua volta, viene sprigionata attraverso melodie ricercate e toccanti.
Diventa difficile descrivere, con delle semplici parole, le sensazioni trasmesse da certi picchi compositivi, palpabili già nella caleidoscopica opener
Kinship Elagiac, oppure nell’appassionante
The Coming End, o ancora, nella conclusiva ed elaborata (ma armonica)
The Anguished Ethereal.
In realtà, tutti i brani incantano, per il loro fascino oscuro, grondante di dignitosa malinconia; dall’onirica
Mistland, alla schizofrenica, ma dolcissima,
Earth To Sky, passando per la trascinante
Twilight e per la seducente
I Feel The Night.
Insomma,
Kinship è un oceano burrascoso di emozioni forti, anzi fortissime, a tratti incontrollabili, da cui si viene inevitabilmente travolti e le cui immense onde di tristezza, ti sferzano violentemente il viso, scavandoti a fondo, fino agli abissi più nascosti della psiche umana.
Ancora una volta, gli
Iotunn hanno fatto centro, manifestando tutto il proprio talento compositivo e dimostrando di essere musicalmente dei giganti (tale è il significato di “Iotunn” in norreno, per l’appunto) capaci, con la loro espressività artistica, di strappare l’anima all’ascoltatore, rivoltandola come un calzino e spiattellandola in faccia all’ignaro pubblico.
Se sentite il bisogno di guardarvi dentro, immergendovi nel flusso tempestoso della vostra coscienza, con tutti i rischi che un simile viaggio interiore può comportare (vedasi la suddetta voglia di piangere),
Kinship è la risposta che cercate e, alla lunga, ne trarrete beneficio, come dopo una seduta da un bravo terapeuta (ma a costi nettamente inferiori).
Provare, per credere!