Copertina 8

Info

Anno di uscita:2024
Durata:66 min.
Etichetta:Season of Mist
Distribuzione:Season of Mist

Tracklist

  1. TOO YOUNG TO DIE
  2. YESTERTEAR
  3. PROCESSION OF MISERY
  4. THESE RUSTY NAILS
  5. AILO'S LULLABY
  6. MY OWN GRAVE
  7. TO BREAK ALL HEARTS OF MEN
  8. NÅR KISTEN SENKES
  9. THREE DEAD MEN

Line up

  • André Aaslie: Keyboards, Orchestrations
  • Anders Eek: Drums
  • Rune Gandrud: Bass
  • Sareeta: Violin, Hardanger fiddle
  • Stian Kråbøl: Guitars
  • Eirik P. Krokfjord: Vocals

Voto medio utenti

I norvegesi Funeral, inizialmente alfieri del Funeral doom sinfonico, che ormai ha assunto tonalità completamente gotiche ben lontane dagli esordi – e da oggi anche dalle lievi ibridazioni con il Death –, si ripresentano a distanza di circa tre anni dall'istrionico "Praesentialis in Aeternum", con il loro settimo full-length: "Gospel of Bones" (Season of Mist).
Come oramai i norvegesi ci hanno abituato, vuoi per un motivo, vuoi per un altro (a volte anche per cause tragiche come il suicidio di Christian Loos nel 2006), soffrono di continui cambi di line-up; e infatti il cantante Sindre Nedland – presente in "Praesentialis in Aeternum" – è stato sostituito dal lirico baritono Eirik Krokłord di formazione wagneriana. Interprete già conosciuto sia dal Coro dell'Opera norvegese, oltreché per diversi ruoli da protagonista in altre opere di livello nazionale e internazionale.
Anche il violinista Ingvild Johannessen è entrato nei loro ranghi, incorporando inoltre il tradizionale violino norvegese, l'Harding, rappresentante un elemento chiave di tutto l'album; spostando dunque il sound del gruppo verso sonorità vagamente affini al folk (lo special guest del violinista Øyvind Rauset dei Folque contribuisce a ciò), talvolta ibridate con il Rock. Tutto questo si combina con le strutture dell'opera classica che, come già accennato, ha tra i suoi punti di riferimento principali quelli tracciati da Richard Wagner.
Si tratta di una proposta realmente ostica, per chi non sia già avvezzo a tali sonorità; ammetto di aver durato fatica io stesso a recensirlo, non a caso ho lasciato trascorrere molto tempo tra la ricezione del promo e la stesura di questo mio scritto. Si tratta di un LP bisognoso di molteplici ascolti, poiché, per quanto sia ricco di variabili, date da un sapiente intreccio di trame ricavate dai vari strumenti a cui abbiamo fatto riferimento (e altri come per esempio piano e tastiere), il suo andamento particolarmente lento dagli esigui cambi di ritmo – o almeno in senso evidente –, rispecchianti in misura rigorosa le classiche grammatiche del Doom stilisticamente più ortodosso; unito ai toni gotici e alle dinamiche tipiche della Classica, che niente concedono – salvo alcuni spunti orecchiabili vagamente Rock – ad altre forme più usuali di linee vocali o di qualsivoglia sentore più affine alla modernità, rendono difficoltosa la sua introiezione.
Fa eccezione a questo ermetismo espressivo anche alcune sparute soluzioni ottenute grazie alla presenza – come ospite – di Espen Ingierd, il quale conferisce a talune liriche un tocco Pop sulla scia di John Lennon.
Tuttavia, se si ha la pazienza di ascoltarlo con assiduità, non si potrà non cogliere il senso di quella maestosità fiera e decadente; di uno speciale tipo di rivisitazione sinfonica, in chiave struggentemente poetica, di un passato talvolta oscuro, bensì contraddistinto da quel senso profondo che pervadeva ogni aspetto dell'esistenza, a partire proprio dall'arte. Quel "senso superiore" che l'attuale, e imperante, civiltà del nulla ha smarrito con il suo nuovo vitello d'oro: il "progresso".
A essere onesti, vi è però da specificare che questa rivisitazione della tradizione avviene a livello prettamente musicale, mentre, per quel che riguarda le sfere tematiche, restiamo sul piano intimista e autobiografico del mastermind A. Eek; con particolare predisposizione, come di consueto, per il dolore umano, la melanconia, e il sottofondo tragico che – per chi si è escluso dalla trascendenza – permea tutta l'arco della propria vita.

"Gospel of Bones" è un lavoro adatto a pochi audaci, fuori dal tempo... Ma è una legge non scritta che le cose sublimi ed eleganti vengano percepite solo dalle menti che rasentano, o genuinamente aspirano, alle medesime alture.


Recensione a cura di DiX88

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