Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2024
Durata:43 min.
Etichetta:Sound Of Liberation Records

Tracklist

  1. THE GREAT SERPENT
  2. BABA YAGA
  3. BOOK OF CREATION
  4. TRAITORS LAIR
  5. OCCULT WORSHIP
  6. PARANOIA PILGRIMAGE
  7. DARK PROCESSION
  8. LORD OF THE FLIES
  9. RAINBIRD

Line up

  • Elena Strähle: bass
  • Brain Göbel: drums
  • Marius Seidel: guitar, vocals
  • Nicolas Jordan: guitar, vocals

Voto medio utenti

Quando mi trovo di fronte ad un gruppo tedesco che si abbevera alla fonte dell’hard-rock settantiano e del doom psichedelico, mi viene istintivamente in mente il valoroso ruolo della Hellhound, etichetta discografica capace di sostenere in tempi “difficili” la causa di questi “antichi” suoni.
Oggi che usufruire dell’eredità di Black Sabbath, Pentagram, Budgie e Trouble è diventata una “consuetudine” del rockrama contemporaneo, ricordare i meriti di chi ha contribuito, in Europa, anticipando i tempi, a valorizzare quella “scena” mi sembra opportuno e doveroso, immaginando, inoltre, che quell’esperienza possa essere stata in qualche modo un’ispirazione per una label come la Sound Of Liberation Records.
Arrivati, dunque, a concentrarsi sul lavoro dei Kant in questo loro “Paranoia pilgrimage” (replica al debutto “When the strangers come to town" dell’anno scorso), diciamo che si tratta di un buon disco di heavy-rock caratterizzato da propaggini lisergiche e fomentato da rigurgiti della NWOBHM più caliginosa, concepito con buongusto e preparazione e realizzato con cura e una certa intensità espressiva.
Rimane da valutare il “carattere” con cui viene trattata una materia così codificata e diffusa e anche qui il quartetto di Aschaffenburg dimostra di essere tutto sommato sulla strada corretta, ostentando una qualità compositiva intrisa di influenze “classiche” e tuttavia non parodistica.
Tra i momenti più efficaci dell’opera segnalo le ombre Sabbath-iane evocate da “The great serpent” e dalla title-track dell’albo, le oscillazioni acide di “Baba Yaga”, il tocco vagamente Jethro Tull-esco concesso a “Traitors lair” e poi ancora la struttura sonica sinistra e multiforme di “Dark procession” (la mia preferita del programma, per la cronaca), a cui si aggiunge, infine, la suggestiva “Rainbird”, l’epilogo ripartito tra meditazione e catarsi di un full-length complessivamente abbastanza godibile.
Pur senza svettare all’interno di una competizione assai agguerrita, attrezzata e affollata, ritengo i Kant (qualche relazione con il filosofo Immanuel Kant, il più celebre esponente dell'Illuminismo teutonico?) meritevoli di attenzione, in virtù di una sensibilità artistica di “genere” piuttosto stimolante, sebbene ancora alla ricerca di una propria identità.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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