"Hin Helga Kvöl", titletrack e singolo apripista del nuovo album degli islandesi
Sólstafir, ci aveva ingannato: erano decenni che il gruppo non componeva un brano così devastante, così fortemente black metal, così pagano... e poi, quell'omaggio finale ad "Angel of Death" degli Slayer... chi lo avrebbe detto?
Ma, come vi anticipavo, la realtà di questo lavoro è ben altra, e, conoscendo i Nostri, difficilmente sarebbe potuto essere diversamente.
Passati, dopo tanti anni, da Season of Mist alla ben più potente Century Media, i
Sólstafir, fortunatamente, non mutano pelle e restano se stessi, fedeli al loro essere diversi ed al loro percorso musicale assolutamente personale, distante da tutto e tutti, ne quale ogni stranezza è la benvenuta nel nome dell'unica cosa che sembra davvero contare per
Aðalbjörn Tryggvason e soci: la propria integrità artistica.
"Hin Helga Kvöl", quindi, viene ad essere una uscita in cui integrità e libertà sono l'intelaiatura sulla quale vengono concepiti brani eterogenei, difficili da classificare in modo univoco poiché senza barriere, e convincenti a prescindere dal loro "mood" e dal proprio scopo nella tracklist.
I
Sólstafir, ormai padroni assoluti della propria arte, giocano con il pubblico: ci servono canzoni brevi e dal mai sopito spirito rock / punk, spaziano verso composizioni drammatiche e ricche di pathos, frequentano lidi estremi con sgraziata perfezione, cuciono e disfanno una tela espressiva talmente variopinta che, spesso, ci si sente smarriti ma, al tempo stesso, soddisfatti e curiosi di quello che verrà dopo.
Esiste, in un quadro di questo genere, un solo filo conduttore, che per chi conosce il gruppo è sempre lo stesso: la malinconia che si unisce, in un matrimonio nebbioso, con la ruvidità dell'approccio strumentale, a richiamare, in modo vivace, la Nazione di provenienza di questi musicisti, una Nazione aspra, poco ospitale, lontana, ma dannatamente affascinante.
Come l'Islanda così i Sólstafir. Da sempre e per sempre.
Inutile, allora, cercare un genere in cui inquadrare
"Hin Helga Kvöl" perché, sinceramente, qualunque genere potrebbe essere corretto: rock, metal, post metal, punk, hard rock, black metal... qui abbiamo ogni cosa, ma in una amalgama scevra da qualsiasi stereotipo ed aperta ad un pubblico vario e, anche qui, inclassificabile.
La costante è l'
emozione.
Tutto il resto, sterili discorsi che ai
Sólstafir non potranno mai calzare.
Cosa è allora
"Hin Helga Kvöl"?
Un album da ascoltare con calma, dedizione e senza paraocchi.
Forse senza i picchi del passato, del resto il tempo passa per tutti, ma ricco di emozioni crude e di rude bellezza, così profondamente ispirato all'universo
Sólstafir e, mi ripeto, ai paesaggi mozzafiato dell'Islanda che aiutano a definire l'essenza stessa di un rock decadente, incapace di piegarsi alle difficoltà della vita e, dunque, messaggio di lotta e speranza veicolato da composizioni, ancora una volta, sorprendenti ed, in ultima analisi, aliene.
Sempre inimitabili.