L’ho già detto in più di un’occasione … anche se non si è contrari a priori ai tanti “tuffi nel passato” che ci offre il
rockrama contemporaneo, la sfida principale a cui oggi sono sottoposti i gruppi dediti a formule musicali genericamente attribuibili alla “tradizione”, è quella di suonare attuali senza mortificarne i principi fondamentali.
Insomma, apparire “freschi” anche in assenza di una modernità
tout court che rischia di snaturare la proposta, e non sono molte le formazioni che si possono fregiare di un risultato tanto ambizioso quanto arduo … tra questi possiamo tranquillamente annoverare i
Seventh Crystal, autori di due
album e di un
Ep ampiamente eloquenti in questo senso.
“
Entity”, terzo
full-length degli svedesi, non smentisce per nulla l’encomiabile e rischioso approccio e anzi, sembra amplificare ulteriormente il raggio d’azione delle intenzioni espressive, irrobustendo il suono e rendendolo maggiormente variegato e ardimentoso.
Il tutto mantenendo intatta l’innata affabilità melodica, la quale impastata ad arte con una maggiore propensione alle sonorità
metal e
prog, restituisce all’astante meno “integralista” l’immagine netta di una
band che può davvero fornire un contributo importante alla “continuazione della specie”.
L’esclusione dei
melomani più dogmatici potrebbe essere superflua, poiché costoro difficilmente hanno apprezzato pienamente il passato discografico dei
Seventh Crystal, ma ho il sospetto che certe accentuazioni di “
Entity” finiranno per favorire la comparsa di qualche perplessità anche nella fazione degli indecisi.
Una situazione analoga a quanto già accaduto, per esempio, nei confronti di Eclipse e di H.E.A.T., a cui i
Seventh Crystal si allineano con fermezza per qualità e tendenze artistiche.
Tante “chiacchiere” che ne precedono alcune (altrettante?) indirizzate a descrivere sommariamente i contenuti di un disco che irrompe nei sensi con un imponente tema d’aperura intitolato “
Oathbreaker”, un
anthem che alimenta istantaneamente la “forza d’urto” con cui è stata progettata la scaletta.
Ed ecco che, infatti, anche la successiva “
Thirteen to one” punta, sebbene con un indirizzo melodico maggiormente spiccato, sulla vigorosa immediatezza della struttura armonica, mentre a “
404” è affidato il compito di riprendere il
mood dell’
opener declinandolo in un’ottica leggermente più “attualizzata”.
Ascoltando “
Path of the absurd” si capisce ancora meglio quanto certi Eclipse possano essere considerati i principali “rivali” dei
Seventh Crystal e se invece preferite soluzioni soniche a carattere introspettivo e cangiante, “
Architects of light” saprà soddisfare piuttosto efficacemente le vostre esigenze.
Dopo la cinematografica narrazione di “
Interlude”, arriva la prima vera “sorpresa” della raccolta, una “
Blinded by the light” che, con un pizzico di gusto per l’iperbole, potremmo definire una sorta di versione edulcorata dei Disturbed, pilotata dalla stentorea voce di
Kristian Fyhr, qui (e non solo, in realtà …) caratterizzata da vaghe sfumature
Draiman-esche.
I chiaroscuri malinconici e catartici di “
Siren song” avvalorano l’abilità del gruppo nel trattare la materia in maniera ampia e variegata, adottando un orientamento che in “
Versus” riesce a mescolare con disinvoltura Metallica (del “
Black album”) e Dream Theater, e in “
Mayflower” sviluppa una sintassi sonica ricca di adescanti e incalzanti stratificazioni.
“
Push comes to shove” e “
A place called home” aggiungono altra fragrante piacevolezza all’ascolto, laddove “
Song of the brave” fa anche meglio, sigillando l’opera con quattro minuti e mezzo di intensa ed evocativa tensione emotiva.
“
Entity” rilancia e amplia tutti gli elementi vincenti che hanno contrassegnato finora la sontuosa parabola artistica dei
Seventh Crystal, confermandoli tra i pochi in grado di ravvivare il nobile conforto delle abitudini consolidate con i colori vivaci dell’inventiva.