Ah, che bella la scena Thrash carioca vero? E il termine “scena” in questo caso non è assolutamente usato a sproposito visto che parliamo di un sottogenere che ha una precisa linea stilistica (praticamente una versione più grezza e minimale del Thrash Metal tedesco), le sue roccaforti, oltre ad un interscambio di musicisti tra band.
Oltre ai soliti noti che hanno raggiunto le luci della ribalta (
Sepultura in primis, ma guai dimenticare
Sarcófago o i
Ratos De Porao), il Brasile può vantare una serie di guerrieri dell’underground che hanno contribuito a plasmare l’ala più intransigente del genere: difficile rimanere impassibili dinanzi a nomi come
Attomica,
Dorsal Atlântica,
Holocausto,
Sextrash,
Chakal e
Mutilator.
I
Vulcano sono un’altra cult band obbligatoria se si vuole parlare di Metal estremo brasiliano e il caso vuole che quest’anno la sempre prolifica
High Roller abbia ristampato alcuni loro album, quindi iniziamo dal principio con la prima ristampa, ovvero l’esordio “
Bloody Vengeance” dell’86.
Ecco, partiamo da quella fatidica annata: oltre a dei demo/split/ep di band amiche o coeve, l’esordio dei
Vulcano è contemporaneo con quel “
Morbid Visions” dei ben più noti
Sepultura.
L’esordio dei
Vulcano è un album davvero molto importante, non solo per il Brasile, ma per il Sud America in generale e che plasma, insieme agli altri protagonisti coevi un sound riconoscibile ed efferato: una batteria sparata spesso su velocità folli che ha un suono che potrebbe ricordare un fustino del dash, le chitarre così grezze e e crude da risultare un ronzio zanzaroso, un basso che dà ulteriore pacca al tutto e una voce eternamente sguaiata fa il resto.
Tematiche ovviamente a sfondo satanico. Qualità audio ben distante dagli standard nord americani.
Mi si potrebbe rispondere che questi sono solo difetti, ma se fate così evidentemente questo non è il pane per i vostri e ci mancherebbe, mica è un crimine. I 23 minuti di musica qui presenti suonano autentici e genuini, nati in mezzo a mille difficoltà , guardano al primo mitico
Bathory (quello del Capro per intenderci) e ai
Sodom (ammesso e non concesso che li conoscessero), per farne un commovente trait d’union in questo concentrato di poca tecnica, ma tanto cuore.
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