A dieci anni da "Leaves And Blood",
Elisa De Palma torna sul luogo del delitto.
Ma non lo fa da sola, infatti, se su "Leaves And Blood" aveva praticamente lavorato in solitaria, in occasione di "
Nutshell" quello che era inizialmente concepito come un progetto solista si è evoluto in una vera e propria band, che ha comportato anche l'estensione del nome, ora
Elisa Over and the Leaves.
A raggiungere
Elisa (voce e chitarra acustica) ecco così
Francesco Marcarino al violino e
Claudia Fassina, che ha suonato sia strumenti più consueti come il flauto traverso, sia altri meno noti (e a me finora sconosciuti) come il cajon (strumento a percussione tipico del Perù a forma di scatola) ed il bodhrán (una sorta di tamburello più grande e d'origine irlandese), oltre a supportare
Elisa alle vocals.
Su "
Nutshell" ritroviamo le ambientazioni acustiche e intimistiche dell'esordio, anche se ho la sensazione che si siano spostate maggiormente su quel versante Folk Rock con cui caratterizzano l'opener "
Ivy Raincoat" e che viene poi replicato nella seguente "
The Book in the Mushroom". La titletrack è invece meno bucolica e ha un passo più nervoso, tratteggiato dal violino di
Francesco Marcarino, che si rivela il mattatore di questo pezzo. E sono ancora le sue note, stavolta prodighe di melodie, a introdurre "
Lullaby for the Sea" che poi scivola via leggiadra con quelle sfumature esotiche che si accompagnano ad una struttura più alla Simon & Garfunkel, un'influenza che ritrovo soprattutto nell'approccio vocale di
Elisa - dimenticavo: davvero brava e coinvolgente – e che poi ritroveremo anche su "
Dear Little Planet".
Piacciono poi i vocalizzi vagamente inquietanti su cui si avvia "
Horror Tale", con quelle melodie ancora drappeggiate da
Marcarino e punteggiate dalle delicate percussioni di
Claudia Fassina, ma anche il passo deciso di "
Skull Behind", dove gli
Elisa Over and the Leaves interpretano a modo loro il Country Rock Yankee.
È un peccato che non sia stata inclusa la cover di "Then Came the Last Days of May" dei Blue Öyster Cult, che mi era parsa particolarmente ben riuscita, mentre non posso che promuovere la scelta di chiudere l'album con un brano cantato in italiano, "
Strade Confuse", intenso a livello lirico ma anche musicale, e dove credo che
Elisa abbia messo un pezzo del suo cuore e della propria anima.
Se in apertura ho accennato a un delitto, beh... era scherzosamente riferito alla scelta di
Elisa De Palma di accantonare nuovamente la sua indole più Heavy e Thrash, visti i suoi trascorsi nei White Skull e la sua attività con gli Spidkilz, ma sono sicuro che ben presto anche questa "risorgerà": "
Don't you know...Evil never dies..."
Per il momento lasciamoci cullare da queste ballate acustiche: "
Fatti non foste a viver come bruti... e solo da metallari".
Metal.it
What else?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?