Cominciamo con le ammissioni … non conoscevo i
Fatal Vision, ignoravo le origini del gruppo risalenti addirittura alla fine degli anni ottanta e ho bellamente trascurato la notizia di un suo ritorno sulle scene, avvenuto dopo una “pausa” di oltre trent’anni e concretizzatosi tramite due
album, didascalicamente intitolati “
Once” e “
Twice”.
Una situazione al tempo stesso “incresciosa” e allettante, dacché apprendo trattarsi di una formazione di Ottawa, e quindi “figlia” di quel Canada che tante soddisfazioni ha saputo garantirmi in svariati anni di militanza
AOR-istica.
Eh già, perché come appare lampante durante l’ascolto di “
Three times lucky”, i nostri propongono un
rock melodico piuttosto raffinato e affabile, per la cui realizzazione sono stati “scomodati” luminari del calibro di
JK Northrup (King Kobra, XYZ, … ), coadiutore alle fasi produttive, e
Paul Laine (Danger Danger, The Defiants),
Harry Hess (Harem Scarem),
Jeff Scott Soto (Journey, Talisman),
Mark LaFrance (Bachman & Turner, Mötley Crüe, Loverboy),
Alessandro Del Vecchio (Hardline, Edge of Forever, Vanden Plas, …) e
Michael Shotton (Von Groove), impegnati ai cori.
La profusione di stratificazioni canore (da aggiungere alle frequenti alternanze tra voce maschile e femminile) è proprio una delle peculiarità distintive di un’opera in cui le troverete abilmente coniugate con vaporosità, vigoria e romanticismo sonori, il tutto assemblato con innato buongusto e parecchia sensibilità espressiva.
In tale contesto, pur apprezzando le notevoli capacità interpretative di
Simon Marwood, non mi posso dichiarare un ammiratore “sfegatato” del suo timbro (più efficace sui registri medio / bassi, meno su quelli alti …) e anche un pizzico di eccessiva “ridondanza” armonica (e la cospicua durata del disco non aiuta …) finisce per zavorrare leggermente l’efficacia complessiva di una raccolta che tuttavia presenta una considerevole rappresentanza di momenti musicali di grande spessore emotivo, a partire dall’attraente dinamicità di “
Time of our lives” (persuasiva anche nella versione eseguita in coppia con
Christine Corless), certamente un bel modo di “fare la conoscenza” con la
band.
Tra i “pezzi forti” dell’albo è necessario segnalare la pulsante “
Once in a lifetime”, l’arrembante “esperimento”
country-AOR della
title-track, la suggestiva “
Goodbye” (la mia preferita del lotto …) e poi ancora la spigliata “
Thank you very much goodnight” e la magniloquente “
All roads lead to London”.
Una menzione d’onore va assegnata altresì alla crepuscolare “
Girl in my dreams” (
guitar solo courtesy of Mr. Joel Hoekstra) e alla grintosa "
One wild night”, mentre sul versante squisitamente sentimentale, “
Sting of the rain” e la sinfonia nostalgica "
Endless emotions” (a cui contribuisce la Kaska Orchestra di Kyiv), sono probabilmente i brani che riescono a focalizzare in maniera più convincente il connubio tra languidezza e intensità emozionale.
Alla luce di quanto apprezzabile in “
Three times lucky”, posso tranquillamente affermare che i
Fatal Vision non smentiscono la leggendaria nobiltà artistica della loro terra natale, destinandola innanzitutto agli estimatori della versione più teatrale ed enfatica del
melodic rock.